Dalla parte dei lettori, spesso non abbiamo coscienza dell'estrema difficoltà nel trattare alcuni temi all'interno del romanzo. Molte soluzioni ci sembrano scaturire da un getto naturale e spontaneo.
Prendiamo, ad esempio, lo stranoto tema dell'amore. Non la meditazione sul sentimento, non la sua resa introspettiva; bensì la sua polarità e frizione nella rappresentazione della coppia, calata nelle maglie di un romanzo.
Come renderlo? Che cosa accogliere e che cosa evitare? Niente di più difficile che narrare l'amore senza incorrere nell'infinito pozzo dei già detto. In molti romanzi, la naturalezza realistica e il taglio di alcuni episodi ci sembrano scontati; arrivati in quella zona minata sentiamo il pericolo della banalità. Temiamo di essere delusi nello svelamento di un mistero.
Fino a quando non ci soffermiamo a riflettere su due scene narrative tra le più belle e perfette nella storia del romanzo occidentale. Entrambe appartengono al romanzo russo ed entrambe condividono un comune denominatore: l'amore mancato.
L'amore tanto più profondamente sviscerato perché innominato. L'amore che non osa pronunciare il suo nome. L'amore lasciato oscuramente inespresso dentro i personaggi; potenziato perché tenuto sul limitare del "potrebbe essere e non è", nell'interlinea di un istante mancato. L'amore come istanza vacillante e, proprio in virtù di questa condizione, dilatato nella sfera della desiderabilità, mediante il dosaggio evocativo d'un sapiente uso dei dettagli.
Non è un caso che Tolstoj, in "Anna Karenina", decida di calare Levin e Kitty in «una limpida giornata di gelo», su una pista di pattinaggio, alle «quattro del pomeriggio»: Kitty indossa «un sofisticato abito di tulle dalla sottogonna rosa» che oscilla lieve, mentre le lame dei pattini scivolano cadenzate sulla lastra gelata e scandiscono un dialogo in cui la stupenda superficialità dei temi traduce un'inaudita dichiarazione d'amore.
Qualche decennio dopo, neppure Yuri e Lara si parleranno. Quando, nel "Dottor Zivago", Yuri ritrova Lara nella biblioteca di Juriatin, non la saluta; resiste all'impulso di avvicinarsi e resta a guardarla da lontano, su una soglia dove Pasternak spalanca e tesse una distanza attraversata da emozioni, voci notturne, sogni, presagi di ciò che potrà venire: una felicità insieme terribilmente vicina e terribilmente impossibile.
E' in questa abrasione di prossimità e lontananza che Tolstoj e Pasternak ci fanno sentire tutto il passato e tutto il futuro compresenti nello spazio di vuoto pneumatico che, in una stupenda dialettica tra parola e silenzio, separa e unisce per sempre Levin e Ketty, Juri e Lara.
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