di Marisa Cecchetti
Caterina,
Vera e Bianca sono madre, figlia e nipote - la madre non arriva ai quarant’anni
- al centro della storia di Beppe Calabretta, oltre ad un commissario di
polizia, ad un uomo momentaneamente smemorato e a qualche comparsa. Se il
titolo di per sé incuriosisce, quando si entra nel loro mondo la curiosità diventa
maggiore.
Si
scopre che la madre, ciò la nonna, è un avvocato, che la figlia Vera è nella
fase di allattamento e frequenta la scuola superiore, che la sua piccola Bianca
è gestita da entrambe le donne con tempi regolarmente suddivisi, grazie al
fatto che Caterina ha lo studio legale sotto casa. Una famiglia non comune, ma
ordinata, che sembra serena.
Un
giorno, di ritorno dai giardini pubblici con la bambina, Caterina sente
suonare, apre, non fa in tempo a vedere un uomo davanti alla porta, che lui si accascia per terra privo di sensi. Chi
è? Perché cerca proprio lei? Entra dunque in scena un commissario a cui è
affidata la soluzione, complicata dal fatto che l’uomo sembra avere dimenticato
tutto di sé.
Il
tema della smemoratezza acquista un peso notevole, infatti anche Caterina è in
lotta con ricordi lontani che non riesce a ricostruire: al centro hanno la
figura del nonno, che svanisce quando sta per pronunciare parole importanti che
lei ha dimenticato. C’è qualcosa di doloroso, come una ferita nascosta dalla
nebbia, che ha lasciato nel suo sguardo un velo di tristezza: se ne accorge
presto il commissario quando cominciano a frequentarsi. Quale mistero deve
ancora venire alla luce?
In
modo leggero, che non si compiace di scavare nel dramma, in un alternarsi di
prima e terza persona, di dialogo, riflessione individuale e narrato, Beppe
Calabretta affronta il tema del dolore, quello tanto forte da causare amnesie
momentanee o rimozioni durature: solo la scoperta delle radici, delle cause della
sofferenza, può permettere di recuperare se stessi e intervenire dove
necessario.
Vera
è una adolescente che si trova a essere madre per caso, per distrazione: quando
è lontana dalla piccola Bianca, quando non si sente investita dai propri doveri
educativi, riprende con gusto il linguaggio colorito dei suoi coetanei. Come
incredula di fronte alla profonda trasformazione della sua vita, si pone domande
che si farebbe un infante, che strappano un sorriso.
Questa
famiglia così ben organizzata nelle sua unicità porta in sé un messaggio forte, quello del superamento di
ogni pregiudizio e di ogni stereotipo, del coraggio di affrontare le conseguenze
dei propri atti ed errori, quando si possono trasformare in un percorso di
amore.
Beppe Calabretta, La nonna giovane, Tralerighe Editore 2024, pag. 120
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