05 giugno 2018

"Una questione privata" di Beppe Fenoglio


nota di Silvia Chessa

Una pagina che ho molto amato. Di una musicalità e di un ritmo serrato e preciso al millimetro. Al contempo tesa densa..asciutta. Storicamente e privatamente profonda. E di opposizione ai dettami che, a quel tempo, quasi imponevano di non scivolare nel privato.
Come se impoverisse, mentre invece avvalorava. Anche Gaber scrisse canzoni dove, ironicamente, chiedeva perdono se parlava dei fatti suoi, propri e personali. Ma tutto lo è, ogni battaglia lo deve essere, personale, oppure è falso e ipocrita opportunismo, o becera rabbia senza direzione. Soprattutto la politica. E Beppe Fenoglio lo sapeva. Di politica, di impegno civile, e sociale, si vive, combattendo e partecipando, o si muore, sempre combattendo e schierandosi, ma anche di indifferenza, non illudiamoci..poco per volta, giorno dopo giorno. In una mesta ignavia della mente e del corpo. Per le questioni pubbliche come per quelle private. In corsa per i seggi, per una poltrona, per una carriera.. Per sfuggire a un dolore, per inseguire un amore.
Corriamo da sempre...
A un metro dal traguardo, Milton è caduto.
Ma quel metro era prima, o dopo averlo afferrato?
E qui, mi dico, è questione di ottimismo.. la risposta è Sì o No a giorni ed ore alterne.
Ma serve sapere i retroscena, a spettacolo in atto ?
A me basta aver metabolizzato il ritmo.
La musicalità e la bellezza di una prosa geniale.
Mi godo la scena. Applaudo.
(Un giorno, forse, imparerò a scrivere anch'io).



Correva, sempre più veloce, più sciolto, col cuore che bussava, ma dall’esterno verso l’interno, come se smaniasse di riconquistare la sua sede. Correva come non aveva mai corso, come nessuno aveva mai corso, e le creste delle colline dirimpetto, annerite e sbavate dal diluvio, balenavano come vivo acciaio ai suoi occhi sgranati e semiciechi.
Correva, e gli spari e gli urli scemavano, annegavano in un immenso, invalicabile stagno fra lui e i nemici.
Correva ancora, ma senza contatto con la terra, corpo, movimenti, respiro, fatica vanificati. Poi, mentre ancora correva, in posti nuovi o irriconoscibili dalla sua vista svanita, la mente riprese a funzionargli. Ma i pensieri venivano dal di fuori, lo colpivano in fronte come ciottoli scagliati da una fionda. “Sono vivo. Fulvia. Sono solo. Fulvia, a momenti mi ammazzi!”
Non finiva di correre. La terra saliva sensibilmente, ma a lui sembrava di correre in piano, un piano asciutto, elastico, invitante.
Correva, con gli occhi sgranati, vedendo pochissimo della terra e nulla del cielo. Era perfettamente conscio della solitudine, del silenzio, della pace, ma ancora correva, facilmente, irresistibilmente. Poi gli si parò davanti un bosco e Milton vi puntò diritto. Come entrò sotto gli alberi, questi parvero serrare e far muro e a un metro da quel muro crollò.

Beppe Fenoglio, Una questione privata. Einaudi.

Nessun commento: