di Gianni Quilici
Se c’è un ciclista
che mi ha colpito, dopo Pantani, è stato Alberto Contador.
Dice in un’
intervista pubblicata su “la Lettura” (domenica 7 ottobre 2018):
“Ma io con la
bicicletta ci ho giocato, perché la passione che ci ho messo è stata sempre
quella del primo giorno, quando da bambino ho scoperto la salita: una
sensazione unica, di forza, di potenza e di libertà che non mi ha mai veramente
abbandonato.”
Queste sensazioni,
credo che anche altri ciclisti le abbiano vissute. Contador, tuttavia, è andato
oltre, aggiungendo un elemento in più:
uno stile unico, immediatamente
riconoscibile.
Lo stile di chi si
alza, alto e sottile, dondolandosi sui pedali, e dando alla potenza, di chi riesce a fare il
vuoto dietro di sé, un senso di leggerezza.
Questo stile
colpisce l’immaginario, perché contiene una bellezza, in cui si intrecciano
forza leggerezza e coraggio. La forza conquista perché si impone; la leggerezza intriga
perché è bella a vedersi, il coraggio perché si è gettato in imprese che sembravano impossibili. In questo senso la sua “immagine”, come per pochi
altri campioni, è rimasta scolpita, andando
oltre il realismo, è diventata mitica.
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