29 ottobre 2019

"Lucca 1968: la cultura del movimento" di Gianni Quilici


Uno degli articoli tratti dal libro "E la vita cambiò - Il '68 a Lucca-" 
di autori vari. Carmignani Editrice

Che senza gli anni ’60 non ci sarebbe stato il ’68 è una banalità, tanto il pensiero è scontato. E’ soprattutto, infatti, a partire dagli anni ’60, che irrompe quel vento libertario che investe classi sociali e costumi, cultura e linguaggi fino ad invadere la politica. Anzi, si può dire che il vero '68 sono gli anni 60, compreso naturalmente il biennio 1968-69. Perché sono gli anni esistenzialmente più complessi, perché più aspro è stato il conflitto repressione-liberazione, perché la prima ondata di liberazione non è stata per niente legata a ideologie ossificate, perché anche il linguaggio è stato messo in discussione in molteplici modi e con una radicalità, che non è diventata però formalismo.

Per non farla troppo lunga, facciamo un esempio: il cinema.  Dagli inizi degli anni ‘60 esplode, infatti, un’ondata di film che rompono con il passato: il Free Cinema inglese e il cinema underground, la nouvelle vague francese e il nuovo cinema italiano, il cinema novo brasiliano e  i film della New Hollywood. Ecco emergere nuovi registi scandalosi e provocatori, visionari o anche sgrammaticati:  Cassavetes e  Mekas,  Rocha e  Oshima,  Godard e Truffaut, Resnais e Rohmer, Fellini e  Antonioni, Bellocchio e Bertolucci, Pasolini e Carmelo Bene e tanti altri ancora. E così si potrebbe dire per la musica, per le arti figurative, per il teatro, per il giornalismo, per la letteratura.

Primo scipero studentesco a Lucca

E tuttavia il movimento studentesco, che scoppiò impetuosamente e improvvisamente anche a Lucca, ha alle spalle un retroterra culturale modesto, prodotto di una società conformista, dove domina una cultura cattolico-democristiana e una scuola selettiva e classista che reprime creatività e partecipazione. Certo esistono in città punte avanzate, soprattutto individuali,  nella musica e nella letteratura, nella pittura e nel cinema, ma circoscritte al centro storico in un ambito sociale  di media e piccola borghesia.

Ci sono tuttavia alcuni avvenimenti politici internazionali e nazionali e  correnti di pensiero, che agiscono sotterraneamente in coloro che  frequentano le Università e anche in alcuni che saranno protagonisti del ’68 lucchese. In sintesi:
1) la guerra di popolo dei vietcong, che, in modo imprevedibile, oltre ogni logica di rapporti di forza,  sconfigge la grande potenza economico-militare degli Stati Uniti;
2) la presenza di esperienze cattoliche avanzate, come conseguenza del Concilio Vaticano II, e la grande influenza che avrà la pubblicazione  di Lettere ad una professoressa di Don Milani;
3) la presenza di un’avanguardia sindacale e operaia anche a Lucca, legata alla rivista dei Quaderni Rossi, che si sta organizzando nelle fabbriche più grandi del territorio;
4) il movimento dei beat lucchesi, che paradossalmente vive a Lucca una delle esperienze culturali più vive e avanzate e che per le qualità culturale e l’impatto provocatorio  dei suoi leader agisce profondamente nell’immaginario giovanile e non solo.  



La stragrande maggioranza degli studenti, che parteciperà ai movimenti del 1968-69 è però, a differenza di Pisa,  formata,  in gran parte, da studenti medi, ragazzi e ragazze giovanissimi,  senza bagagli culturali alle spalle e che scoprirà in quei mesi e in quegli anni le sue ideologie e il suo immaginario, le sue letture e i suoi maestri.
Ben presto su tutti dominerà la triade, tante volte gridata come slogan dei cortei, Marx, Lenin e Mao Tse Tung. Di Marx si legge soprattutto Il manifesto del partito comunista”, di Lenin il Che fare? e Stato e rivoluzione, di Mao Il libretto rosso e opuscoli specifici del suo pensiero. Sono letture molto ideologiche, non collocate nel contesto di un capitalismo avanzato, che muterà progressivamente e rapidamente condizioni di vita,  classi sociali, consumi e culture. Pochi di loro leggono e utilizzano i Quaderni dal carcere di Gramsci, necessari per capire la specificità italiana ( la formazione dello Stato e la questione cattolica e meridionale, la forma del Partito e il concetto di egemonia). Ancora meno vengono letti  Marcuse e i filosofi della Scuola di Francoforte, che avevano studiato quelle società di tardo capitalismo, di cui entrava a far parte anche l’Italia. Colpisce, invece, e colpirà sempre di più l’immaginario la vita politicamente avventurosa di Ernesto Che Guevara, la sua idea di rivoluzione permanente e la necessità di creare un “Hombre nuovo” e la sua immagine riprodotta in un manifesto  farà il giro del Pianeta ed è tuttora una delle icone simbolo del ‘900.
Molto importante è  la musica, come molti interventi hanno qui nel libro sottolineato. Perché la musica ha un’immediatezza in sé che la parola e l’immagine non possono avere. E quindi sia le canzoni dei cantautori nostrani da Guccini a Fabrizio De Andrè che quella gioiosa, rivoltosa, profetica che arrivava dai Beatles e dai Rolling Stones, dai Pink Floyd e Bob Dylan rappresentavano una visione del mondo “altra” rispetto al conformismo censorio e mortifero dell’Italia dominante. 
Il beat lucchese. Bruno Lugano
Non fanno, invece parte dell’immaginario e del dibattito lucchese, il cinema e la letteratura, che rimangono consumi privati, non sono oggetto ne’ di dibattito (se non in casi ristretti), ne’ soprattutto di attività produttive. Non ci sono a Lucca romanzi, racconti, poesie in quegli anni, non ci sono filmati e, purtroppo, non ci sono neppure foto, se non pochissime e casuali.
Certo c’è chi continua a leggere individualmente. E’ sempre vivo il mito on the road di Jack Kerouac e l’urlo di Allen Ginsberg, intriga l’erotismo vitalistico di Henry Miller o l’avventura mistica di Herman Hesse e forse anche la testimonianza intima del Mestiere di vivere di Cesare Pavese.
Vale un discorso simile anche per il cinema. Prima durante dopo il 68 escono film, molto diversi tra loro, che rappresentano i sentimenti e l’atmosfera di quegli anni: la rabbia e la fuga, il viaggio e  la rivolta, la lotta e i mutamenti di costume e di linguaggio. Film, molto diversi tra loro: Pugni in tasca, Fragole e sangue, Cinque pezzi facili, Woodstook,  Easy Reader,  If, Antonio Das Mortes, Blow up, “Teorema, Porcile,  ,Zasbrinski Point, 2001 Odissea nello spazio, Nostra signora dei turchi, Grazie zia. Mash, Festa per il compleanno del caro amico Harold, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Z l’orgia del potere, 12 dicembre e tanti altri. Alcuni di questi film sono stati certamente visti dai “giovanissimi sessantottini”, ma non hanno avuto spazio alcuno a livello pubblico come strumenti di riflessione e di confronto.

Forse l’unico personaggio che si impone, sicuramente nel dibattito nazionale, e, nei suoi limiti municipali, anche a Lucca, è Pasolini. Il regista-poeta-polemista, infatti, ha il coraggio e l’intelligenza sociologica da una parte di essere solidale con il movimento (realizzerà per Lotta Continua il film 12 dicembre), ma insieme di essere molto critico con la famosa poesia sugli scontri polizia-studenti di Valle Giulia a Roma. A rileggerla a distanza di tempo oggi,  al di là della modestia prosaica dei versi riconosciuta dall’autore stesso, va riconosciuto che Pasolini coglie alcuni dei limiti antropologici, oltre che culturali, del movimento stesso.  
In realtà in quegli anni tutte le energie ( o molte di esse) vengono concentrate nell’attività politica. La politica viene a coincidere, infatti, in buona parte con la vita, perché dentro la politica non ci sono soltanto riunioni, volantinaggio, assemblee, ci sono anche i rapporti interpersonali, sentimentali, sessuali. E c’è infine la propria identità in gioco in un confronto-scontro in divenire. C’è poco tempo per leggere o per scrivere, se non per ciò che riguarda strettamente la politica. 

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