Uno degli articoli tratti dal libro "E la vita cambiò - Il '68 a Lucca-"
di autori vari. Carmignani Editrice
Che senza gli anni
’60 non ci sarebbe stato il ’68 è una banalità, tanto il pensiero è scontato. E’
soprattutto, infatti, a partire dagli anni ’60, che irrompe quel vento libertario
che investe classi sociali e costumi, cultura e linguaggi fino ad invadere la
politica. Anzi, si può dire che il vero '68 sono gli anni 60, compreso
naturalmente il biennio 1968-69. Perché sono gli anni esistenzialmente più
complessi, perché più aspro è stato il conflitto repressione-liberazione,
perché la prima ondata di liberazione non è stata per niente legata a ideologie
ossificate, perché anche il linguaggio è stato messo in discussione in
molteplici modi e con una radicalità, che non è diventata però formalismo.
Per non farla
troppo lunga, facciamo un esempio: il cinema.
Dagli inizi degli anni ‘60 esplode, infatti, un’ondata di film che
rompono con il passato: il Free Cinema inglese e il cinema underground, la nouvelle
vague francese e il nuovo cinema italiano, il cinema novo brasiliano e i film della New Hollywood. Ecco emergere nuovi
registi scandalosi e provocatori, visionari o anche sgrammaticati: Cassavetes e
Mekas, Rocha e Oshima,
Godard e Truffaut, Resnais e Rohmer, Fellini e Antonioni, Bellocchio e Bertolucci, Pasolini
e Carmelo Bene e tanti altri ancora. E così si potrebbe dire per la musica, per
le arti figurative, per il teatro, per il giornalismo, per la letteratura.
Primo scipero studentesco a Lucca |
E tuttavia il
movimento studentesco, che scoppiò impetuosamente e improvvisamente anche a
Lucca, ha alle spalle un retroterra culturale modesto, prodotto di una società
conformista, dove domina una cultura cattolico-democristiana e una scuola
selettiva e classista che reprime creatività e partecipazione. Certo esistono
in città punte avanzate, soprattutto individuali, nella musica e nella letteratura, nella
pittura e nel cinema, ma circoscritte al centro storico in un ambito sociale di media e piccola borghesia.
Ci sono tuttavia
alcuni avvenimenti politici internazionali e nazionali e correnti di pensiero, che agiscono
sotterraneamente in coloro che
frequentano le Università e anche in alcuni che saranno protagonisti del
’68 lucchese. In sintesi:
1) la guerra di
popolo dei vietcong, che, in modo imprevedibile, oltre ogni logica di rapporti
di forza, sconfigge la grande potenza
economico-militare degli Stati Uniti;
2) la presenza di
esperienze cattoliche avanzate, come conseguenza del Concilio Vaticano II, e la
grande influenza che avrà la pubblicazione di Lettere
ad una professoressa di Don Milani;
3) la presenza di
un’avanguardia sindacale e operaia anche a Lucca, legata alla rivista dei Quaderni Rossi, che si sta organizzando
nelle fabbriche più grandi del territorio;
4) il movimento
dei beat lucchesi, che paradossalmente vive a Lucca una delle esperienze culturali
più vive e avanzate e che per le qualità culturale e l’impatto provocatorio dei suoi leader agisce profondamente
nell’immaginario giovanile e non solo.
La stragrande
maggioranza degli studenti, che parteciperà ai movimenti del 1968-69 è però, a
differenza di Pisa, formata, in gran parte, da studenti medi, ragazzi e
ragazze giovanissimi, senza bagagli
culturali alle spalle e che scoprirà in quei mesi e in quegli anni le sue
ideologie e il suo immaginario, le sue letture e i suoi maestri.
Ben presto su
tutti dominerà la triade, tante volte gridata come slogan dei cortei, Marx,
Lenin e Mao Tse Tung. Di Marx si legge soprattutto Il manifesto del partito comunista”, di Lenin il Che fare? e Stato e rivoluzione, di Mao Il
libretto rosso e opuscoli specifici del suo pensiero. Sono letture molto
ideologiche, non collocate nel contesto di un capitalismo avanzato, che muterà progressivamente
e rapidamente condizioni di vita, classi
sociali, consumi e culture. Pochi di loro leggono e utilizzano i Quaderni dal carcere di Gramsci,
necessari per capire la specificità italiana ( la formazione dello Stato e la
questione cattolica e meridionale, la forma del Partito e il concetto di
egemonia). Ancora meno vengono letti Marcuse e i filosofi della Scuola di Francoforte,
che avevano studiato quelle società di tardo capitalismo, di cui entrava a far
parte anche l’Italia. Colpisce, invece, e colpirà sempre di più l’immaginario la
vita politicamente avventurosa di Ernesto Che Guevara, la sua idea di
rivoluzione permanente e la necessità di creare un “Hombre nuovo” e la sua
immagine riprodotta in un manifesto farà
il giro del Pianeta ed è tuttora una delle icone simbolo del ‘900.
Molto importante
è la musica, come molti interventi hanno
qui nel libro sottolineato. Perché la musica ha un’immediatezza in sé che la
parola e l’immagine non possono avere. E quindi sia le canzoni dei cantautori
nostrani da Guccini a Fabrizio De Andrè che quella gioiosa, rivoltosa,
profetica che arrivava dai Beatles e dai Rolling Stones, dai Pink Floyd e Bob
Dylan rappresentavano una visione del mondo “altra” rispetto al conformismo
censorio e mortifero dell’Italia dominante.
Non fanno, invece
parte dell’immaginario e del dibattito lucchese, il cinema e la letteratura,
che rimangono consumi privati, non sono oggetto ne’ di dibattito (se non in
casi ristretti), ne’ soprattutto di attività produttive. Non ci sono a Lucca
romanzi, racconti, poesie in quegli anni, non ci sono filmati e, purtroppo, non
ci sono neppure foto, se non pochissime e casuali.
Certo c’è chi
continua a leggere individualmente. E’ sempre vivo il mito on the road di Jack Kerouac e l’urlo
di Allen Ginsberg, intriga l’erotismo vitalistico di Henry Miller o
l’avventura mistica di Herman Hesse e forse anche la testimonianza intima del Mestiere di vivere di Cesare Pavese.
Vale un discorso
simile anche per il cinema. Prima durante dopo il 68 escono film, molto diversi
tra loro, che rappresentano i sentimenti e l’atmosfera di quegli anni: la
rabbia e la fuga, il viaggio e la rivolta,
la lotta e i mutamenti di costume e di linguaggio. Film, molto diversi tra loro:
Pugni in tasca, Fragole e sangue, Cinque
pezzi facili, Woodstook, Easy Reader, If, Antonio Das Mortes, Blow up, “Teorema,
Porcile, ,Zasbrinski Point, 2001 Odissea
nello spazio, Nostra signora dei turchi, Grazie zia. Mash, Festa per il
compleanno del caro amico Harold, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni
sospetto, Z l’orgia del potere, 12 dicembre e tanti altri. Alcuni di questi
film sono stati certamente visti dai “giovanissimi sessantottini”, ma non hanno
avuto spazio alcuno a livello pubblico come strumenti di riflessione e di
confronto.
Forse l’unico
personaggio che si impone, sicuramente nel dibattito nazionale, e, nei suoi
limiti municipali, anche a Lucca, è Pasolini. Il regista-poeta-polemista,
infatti, ha il coraggio e l’intelligenza sociologica da una parte di essere
solidale con il movimento (realizzerà per Lotta Continua il film 12 dicembre), ma insieme di essere molto
critico con la famosa poesia sugli scontri polizia-studenti di Valle Giulia a
Roma. A rileggerla a distanza di tempo oggi, al di là della modestia prosaica dei versi
riconosciuta dall’autore stesso, va riconosciuto che Pasolini coglie alcuni dei
limiti antropologici, oltre che culturali, del movimento stesso.
In realtà in
quegli anni tutte le energie ( o molte di esse) vengono concentrate
nell’attività politica. La politica viene a coincidere, infatti, in buona parte
con la vita, perché dentro la politica non ci sono soltanto riunioni,
volantinaggio, assemblee, ci sono anche i rapporti interpersonali,
sentimentali, sessuali. E c’è infine la propria identità in gioco in un
confronto-scontro in divenire. C’è poco tempo per leggere o per scrivere, se
non per ciò che riguarda strettamente la politica.
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