di Luciano Luciani
Autore di testi di assoluta concisione, in genere declinati in chiave bizzarra, eccentrica, surreale, lo scrittore lucchese Alessandro Trasciatti trova i suoi maestri soprattutto negli scrittori d’oltralpe sette-ottocenteschi, purché in odore di maledettismo e capaci delle arditezze dell’umorismo nero.
Laureatosi in letteratura francese all’Università di Pisa con Francesco Orlando (1934-2010), il critico freudiano, Trasciatti ama scrivere storie intrise di elementi onirici e raccontare di situazioni e personaggi oscillanti tra la realtà e il sogno che non di rado sanno anche trovare la via per trasformarsi in incubo.
Così leggiamo in una paginetta introduttiva di questo libro: “È inutile. Questo libro è nato male. Non ci sarà mai niente che lo tiene insieme. Non diventerà mai un libro compiuto. È tutta una minutaglia di schegge scritte nell’arco di vent’anni che nessun editore pubblicherà mai. Passare dall’una all’altra è un’acrobazia.”
In tal modo l’Io narrante spiega la sua impresa editoriale e, fedele alle sue intenzioni spiazzanti, ci sorprende a ogni breve capitoletto. Dapprima con i suoi Rifugi illustra luoghi, momenti, situazioni, riti, problematiche certezze alla ricerca di un centro di gravità personale, se non permanente almeno di qualche stabilità in quel diuturno rollio che è la vita.
Quindi, nella seconda sezione, Infanzia e prolungamenti d’infanzia, l’Autore padroneggia da par suo memorie di esperienze forse mai vissute o forse sì, di fantabiografie, di festività natalizie ancora di là da venire, di luoghi reali rivisitati alla luce di un ricordo vergognoso e stranito…
Ma è nei Casi clinici e onirici che l’affabulatore toscano offre le prove migliori del proprio talento narrativo: una prosa scabra, incisiva, tagliente e puntuta come un bulino per pagine di alto artigianato letterario capaci anche di emanciparsi dalla costrizione della brevità a tutti i costi.
Sospese tra realtà e fantasia, in genere rispettata la prima almeno nei suoi tratti essenziali della contemporaneità e ben governata la seconda, Trasciatti inanella storie scontrose e strambe di allucinazioni visionarie, che ora si fanno pseudo-studi di caratteri, ora, di rado, cedono al gusto dell’orrido e del malato proprio di tanta scrittura romantico-gotigheggiante.
In genere inizialmente ilari, i suoi racconti si fanno via via desolati, strazianti di un realismo fantastico senza speranza sempre corretti, però, da una vena ironica e autoironica che rende accattivanti al Lettore anche i passaggi più lancinanti. Tentativi di appagamento di un desiderio, i sogni esposti nei Casi clinici e onirici si risolvono di solito in maniera frustrante, deludente, deprimente…
E se è vero che un uomo si giudica con maggiore sicurezza da ciò che sogna piuttosto che da ciò che pensa, allora qualcuno potrebbe dire che l’Io narrante di Acrobazie sia alle prese con grossi problemi… Noi, invece, col grande drammaturgo francese Eduard Bourdet, siamo convinti che “quando ci si può guardare soffrire e raccontare quanto si è visto, significa che si è nati per la letteratura”.
Alessandro Trasciatti, Acrobazie. Storie brevi e brevissime, Il ramo e la foglia edizioni, Roma, 2021, pp. 84, Euro 13.00
3 commenti:
Lo leggevo quando scriveva su Sinopia, la rivista viareggina diretta da Serafino Beconi.
Caro Luciano, potrei dirti: sfido chiunque a non avere avuto sogni "strani" o incubi. Certo, non tutti scelgono di condividerli, di metterli sulla pagina e pubblicarli come racconti o qualcosa di simile. Ma questa è un'altra storia...un caro saluto. Alessandro
Caro Di Monaco, alcune di quelle prosette 'sinopiesche', dopo tanti anni e giri e rigiri, sono finite in queste Acrobazie. Diciamo che è un po' un riassunto di tanti anni di scrittura breve.
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