di Giulietta Isola
“La mia pelle muta sempre, sono l’eroe e nel contempo il traditore, porto incisa nell’anima una ferita profonda per tutto quello che non è successo e mi poteva succedere e per tutto quello che invece è successo a migliaia di altri. Se io sono qui ancora a parlare, vuol dire che tutti gli altri sono morti.”
Siamo alla fine degli anni ’70 in Argentina, la democrazia è ormai al collasso e da lì a poco si instaurerà una delle dittature militari più sanguinarie al mondo. Marco Bechis è un ventenne privilegiato, di buona famiglia cosmopolita, il padre è un manager italiano, la madre una hostess cilena, conduce una vita agiata e viaggia con facilità grazie alla doppia cittadinanza, inizialmente ha una percezione lontana di quanto sta per abbattersi sul paese. Si iscrive ad una scuola serale per maestri, si avvicina ad alcuni militanti dei Montoneros senza aderire alla lotta armata, pensando che lo squilibrio di forze con il regime li condannasse tutti alla sconfitta e quindi alla morte. Per sé aveva immaginato ad un ruolo diverso, dedicarsi all’emancipazione degli ultimi con l’educazione.
In quegli anni gli squadroni della morte erano implacabili ed il potere militare si insinua e si afferma. Intellettuali, giornalisti, rappresentanti sindacali iniziano a essere arrestati per poi sparire. Poi tocca a studenti, giovani e chiunque venisse anche solo percepito come dissidente… è solo l’inizio della fine.
Andando avanti nel suo racconto, Bechis, non è più l’adolescente ignaro di buona famiglia, ha una precisa cognizione dei fatti ed è conscio della guerra sporca che sta avvenendo in Argentina. Continua a studiare, si innamora ma da lì a breve la polizia segreta lo cattura.
Scorrendo le pagine abbiamo una esatta percezione della strategia del nuovo apparato politico, le gerarchie militari non vogliono compromettere i rapporti internazionali e la loro propaganda si muove su più livelli, si mostrano come protettori di uno “stato politicamente compatto” ma “rispettoso” dei diritti umani di fronte all’opinione pubblica mondiale, ma è sottoterra che l’anima nera del potere assume le sue vere sembianze. È nel “mondo di sotto” che si trovano le carceri clandestine, luoghi di morte dove vengono consegnati i prigionieri “bersagli sensibili” che difficilmente ne escono vivi.
Marco, nei sotterranei del Club Atletico, è il detenuto A01, numero dei lucchetti alle caviglie 190 e 191, cella numero 16, è lì che sopporta sevizie ed interrogatori violenti e manipolatori, sente cigolii, catene, gemiti, urla, riconosce le voci dell’interrogatore “buono” e di quello “cattivo”, il rumore della picana usata dai sequestratori per far parlare gli oppositori della giunta militare Videla ed anche il rumore incessante dei suoi pensieri: cosa ammettere per salvarsi e cosa nascondere per non compromettere i compagni ancora vivi?
Bechis si salva, grazie all’intervento della sua famiglia rientra in Italia, è vivo e tanto basta a farlo sentire un traditore, si porta addosso il marchio della colpa: perché io sì e loro no? Ha deciso di scrivere la sua storia 44 anni dopo il sequestro, dopo aver convissuto con il torto di essere un usurpatore e un traditore e aver speso ogni energia per denunciare i crimini della dittatura, negli anni ha cercato risposte, tenuto a bada le ombre e i fantasmi, l’assurdo senso di colpa nei confronti dei compagni finiti cinque metri sotto terra o gettati in mare da un aereo, con queste pagine chiude i conti con il passato e condivide con i lettori l’inquietudine e l’angoscia di essere vivo, la rabbia per il silenzio degli aguzzini, prende coscienza di essere vittima di un dramma collettivo che è stato anche un genocidio generazionale, il suo libro è ferocemente sincero e ne consiglio la lettura.
LA SOLITUDINE DEL SOVVERSIVO di MARCO BECHIS GUANDA EDITORE EUR 18.00
Nessun commento:
Posta un commento