Penso spesso alle impressioni che le opere di Chagall lasciano su chi le vede e, su questa scia di riflessioni, finisco sempre per chiedermi il perché della sua enorme popolarità, senza dare nulla per scontato.
Mi si risponderà: "Perché Chagall è stato, ed è, un delicato poeta visivo; è un genio della rappresentare iconica dell'intimità quotidiana così come la sentiamo e viviamo tutti. Perché l'empatia con i suoi scenari fantasmatici è sincera, totale e senza smagliature." Tutte obiezioni esatte, anche se ricordo spesso il flagello delle banalizzazioni degli epigoni che hanno ridotto la visione di Chagall a piccole miniature sognanti e fiabesche, contribuendo a dar vita ad una certa vulgata di Chagall pittore piacevole e sognante. Ed è qui che mi fermo a riflettere se la nostra - che è anche la mia - immedesimazione senza freni di fronte alle sue opere non sia agevolata da questa "facilità" direi, con termini forse comuni e impropri, romantica e sentimentale. Anche Chagall era consapevole di questo pericolo, come vedremo tra poco.
Scopro, per caso, questo pastello su cartone del 1923, sul tema degli amanti. Purtroppo non ho trovato la resa a colori, ma l'immagine era accompagnata da una frase di Chagall che fungeva da didascalia. Una frase che chiaramente rifiuta l'accusa di una pittura dalla facilità "letteraria" : "Non mi piace la letteratura. Io perseguo, soltanto, un formalismo psichico." Ecco il punto: questa risposta offre uno dei possibili grimaldelli per entrare nelle opere di Chagall e per mettere a tacere il nostro - il mio - dubbio sulla "facilità" iconografica di questo artista. Cosa ci dice Chagall? Ci dice che i movimenti della sua psiche cercano, e spesso trovano, una soluzione necessaria in un mondo preciso di forme e colori; una soluzione tesa alla ricerca dell'espressione.
Lo vediamo proprio in questo pastello giocato su un tema che è stato il più fertile della poesia chagalliana: il libero volo, in un cielo di notte, della coppia amante che è qui variata nel libero impennarsi nell'aria in groppa ad un cavalluccio puerile, sotto uno spicchio di luna, e lasciando sulla terra i contrassegni di una vita intima (il lume a petrolio sul tavolo) e rustica (la palizzata, il maialino ormai lontano), quella del villaggio, in un'evasione dove il legame è restituito in maniera quasi sinestetica dal nodo dei corpi, tanto sentiamo la stretta calda dell'abbraccio di lei e l'adagiarsi di lui sul lungo e morbido vestito a quadretti.
Ho usato spesso la parola poesia per dire un'espressione visiva. Forse non dovrei; ma sempre nelle infinite versioni degli amanti in volo di Chagall si lascia a terra una bolla di intimità della quale possiamo trovare un equivalente nei versi di timbro più intimistico di Ungaretti, laddove la parola nostalgica evoca il "qui" di un focolare nel cui grembo altro non si sente che "il caldo buono" e "le quattro capriole di fumo" che invadono la stanza. Forse è qui che volevo arrivare. Occorre ripartire da questo sentimento delle cose per capire la visione chagalliana, il suo "formalismo psichico" che lavorava sul complesso per renderlo semplice, cioè risolto per tutti.
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