22 maggio 2024

"Il Bel Paese" di Antonio Stoppani

 


Einaudi ripubblica il primo best seller dell’Italia unita:

Il Bel Paese di Antonio Stoppani

  di Luciano Luciani

        Un tempo, quando l’Italia era giovane – un secolo e mezzo or sono o giù di lì – le  migliori “penne” del Paese non si facevano particolari scrupoli nel dedicare all’infanzia competenze ed entusiasmi intellettuali.

       Certo, dietro questa attenzione per le giovani e giovanissime generazioni – peraltro sincera negli esponenti più significativi della vita culturale e letteraria di allora – c’era, fortissima l’esigenza di favorire un’ unificazione culturale in senso nazionale e sotto il segno dell’egemonia intellettuale della borghesia settentrionale e dei suoi valori ispirati a ideali di illuminato e cauto progresso.

       Intelligentemente, la classe dirigente di quell’Italia lontana non offrì ai suoi figli più piccoli solo burattini, Minuzzoli, Giannettini, Garroni e Franti, fiabe e leggende locali, romanzetti per adolescenti, imitazioni nostrane della Alcott, ma anche buoni libri di lungimirante divulgazione scientifica. Pensati per l’età successiva alla fanciullezza, quando agli infiniti perché dell’esistenza si cominciano a pretendere risposte più sistematiche ed esaurienti, questi testi miravano a istruire piacevolmente, emancipandosi dal modello del libro scolastico e presentando già i caratteri delle moderne riviste di volgarizzazione scientifica: bassi costi, illustrazioni, cura grafica e tipografica.

       Il più popolare tra quanti si adoperarono per interpretare e soddisfare le esigenze di informazione e consapevolezza scientifiche degli italiani in “calzoni corti” fu senz’altro Antonio Stoppani, non solo “scrittore per ragazzi”, ma personaggio significativo della cultura italiana del secondo Ottocento: sacerdote, scienziato insigne – geologo, paleontologo, naturalista – patriota, fu anche filosofo di ferventi convinzioni rosminiane, aspirante poeta, divulgatore piacevole e cordiale, sempre capace di unire una sincera ispirazione pedagogica con una vera, seria preparazione nelle scienze naturalistiche e geografiche.

       Era nato a Lecco nel 1824. Ordinato sacerdote nel 1847 e avviato all’insegnamento a causa delle sue convinzioni liberali e patriottiche fu perseguitato dalle autorità austriache e avversato dal clero reazionario: la polemica con l’intransigentismo cattolico lo accompagnerà per l’intera durata della sua esistenza, amareggiandogliela non poco. Nel 1848 per aver preso parte insieme ai suoi studenti alle Cinque giornate milanesi conobbe l’espulsione dal seminario; una quindicina d’anni più tardi, nel clima cupo e arroventato del cattolicesimo degli anni tra il Sillabo e porta Pia, partecipò alla redazione di un periodico milanese, “Il Conciliatore” attestato su posizioni cattolico-liberali, che venne soppresso d’autorità dal vescovo preoccupato per le critiche e i richiami negativi che giungevano da Roma. Infatti, gli ambienti più reazionari e passatisti della Chiesa e del cattolicesimo italiano mal tolleravano l’attività di un sacerdote scienziato e naturalista che nella sua fede, larga e generosa, in una natura ministra di Dio e prodiga di bellezze nei confronti dell’Italia, riusciva ottimisticamente a conciliare fede, scienza e amor di patria. E se il titolo di patriota gli era dovuto per la sua partecipazione al ’48 milanese, alla Prima e alla Terza guerra d'indipendenza, quella del ’66, quando il nostro abate e naturalista interruppe insegnamento e ricerche per arruolarsi nel Corpo d’armata del gen. Cialdini – però sotto le insegne della giovanissima Croce rossa italiana, appena costituita nel 1864 – , anche la fama di studioso della Terra e della sua storia lo Stoppani l’aveva guadagnata sul campo: intanto con gli Studi geologici e paleontologici sulla Lombardia, 1856; poi con una famosa Paleontologie Lombarde, 1856-1881, che, scritta in francese, gli aveva assicurato fama e rispetto anche all’estero.

        Il lavoro che rese lo scienziato/scrittore lombardo popolare al grosso pubblico fu il Bel Paese, 1875, pensato in origine per i piccoli lettori, ma che, in breve tempo, con le sue oltre ventimila copie pubblicate si trasformò in uno dei primi best-seller della nascente editoria nazionale.

          Il libro consiste in ventinove conversazioni intitolate Serate – se ne aggiungono altre cinque nella edizione del 1889 – in cui uno zio, l’autore stesso, in forma piana, garbata, colloquiale a un pubblico rappresentato dai nipoti e dai loro amici descrive le “bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica“ dell’Italia, senza trascurare osservazioni anche acute sugli usi, i costumi, il lavoro, le tecniche, l’economia delle genti della penisola, nel tentativo tutto politico, comprensibile in un intellettuale che usciva a testa alta dalle lotte risorgimentali, di sollecitare nei suoi lettori una coscienza nazionale unitaria e l’orgoglio di essere italiani, giovani figli di un giovane Paese. 

        Qua e là un certo sentore di provincialismo e di chiuso, certo percepibile più oggi che allora: per esempio, quando propone le sue pagine come antidoto a “quelle opere di Verne che hanno inondato l’Italia, e a cui la nostra gioventù e gli stessi uomini seri corrono dietro con puerile curiosità… mostruosa miscela di vero e di falso”. Ma la vera intenzione del Bel Paese era forse ancora un’altra: soprattutto contrastare con un’opera esemplare e popolare quello scientismo che si andava largamente diffondendo nella cultura italiana e nel senso comune del tempo.

 Antonio Stoppani, Il Bel Paese. Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’Italia, a cura di Walter Barberis, collana I millenni, Einaudi To, 2024, pp. XLIV-604, Euro 85,00

  

 

 

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