13 novembre 2009

"La Manifattura Tabacchi di Lucca: una fabbrica, una storia" di Paolo Folcarelli


di Luciano Luciani

Questo lavoro di Paolo Folcarelli, La Manifattura Tabacchi di Lucca: una fabbrica, una storia, si raccomanda per almeno quattro motivi:

perché è il lavoro più organico e completo esistente sulla secolare vicenda della Manifattura lucchese;

per il metodo scientifico che sovraintende a quest’opera, fondato su documenti la cui ricerca ha portato l’Autore tra le filze dell’Archivio di Stato di Lucca, tra i cataloghi delle Biblioteca Statale di Lucca e della Marucelliana di Firenze e quelli del Ministero dell’Agricoltura a Roma. Lavoro d’archivio, dunque, dietro questa pubblicazione, tanta pazienza, passione e ‘olio di gomito’ da storico vecchia maniera;

l’Autore non ha poi trascurato le fonti orali, almeno come indicazione di lavoro nelle ultime pagine del suo libro; per esempio, le belle, umanissime testimonianze di due anziane sigaraie del Compitese, che all’oggettività un po’ fredda dei documenti hanno aggiunto il calore e il colore delle ‘storie di vita’, il sentimento proprio di una lunga vicenda personale oltre che professionale

e qui si introduce il quarto dato che fa di questa pubblicazione un unicum: il forte senso di appartenenza che trapela da gran parte delle pagine del libro. Questa caratteristica la indico per ultima, ma non è tale per l’importanza e il peso che acquista nella narrazione l’attenzione riservata all’aspetto umano e sociale della secolare vicenda della Manifattura Tabacchi di Lucca e a ciò che questa azienda ha significato e ancora significa per la città, nel senso comune e nella plurisecolare percezione dei suoi abitanti.

L’originale, denso lavoro di Folcarelli si dipana lungo tre direttrici distinte ma complementari: la storia del tabacco; la storia degli immobili, degli ambienti in cui a Lucca fu lavorato; le vicende umane, sociali, sindacali dei lavoratori delle maestranze della Manifattura.

Di grande interesse le pagine relative alle prime testimonianze sul tabacco, i suoi usi e i significati antropologico/religiosi ad esso connessi. La pianta, come è noto, era usata sia nelle cerimonie religiose dei popoli indigeni americani, sia come droga medicinale per stimolare il sonno o come impiastro per curare infiammazioni e contusioni. L’uso di fumare il tabacco si trasferì dalla sfera esclusivamente religiosa allo stadio di occupazione fine a se stessa. Naturalmente i primi a contrarre questa abitudine furono proprio i sacerdoti, così che il nuovo “vizio” rimase per un certo periodo un piacere riservato alla loro casta, anche perché il tabacco era considerato un’erba sacra. Gradualmente, però, tale usanza finì per estendersi a persone estranee alla cerchia religiosa, si ‘laicizzò’, passando ai rappresentanti di rango e censo più elevati tra la popolazione, e poi, piano piano, a tutti.

Cortez vide usare la Nicotiana tabacum nell’isola di Tabasco e già nel 1518 il feroce conquistatore la inviava all’imperatore Carlo V: alla metà del XVI secolo Fernandez de Toledo ne introdusse la coltivazione in Spagna e Portogallo e l’ambasciatore francese in Portogallo, Giovanni Nicot, faceva dono di alcuni campioni della pianta a Caterina de’ Medici, regina di Francia che ne divenne un’entusiasta consumatrice e propagandista. La regina, infatti, soggetta a violente e frequenti emicranie trovava un immediato sollievo nel fiutare tabacco e la corte, ovviamente, la imitò: un comportamento che divenne segno di distinzione per cui il tabacco fu denominato l’Erba della Regina.

In Italia la introdusse a Roma il cardinale Santa Croce, legato papale e Lisbona; a Firenze Niccolò Tornabuoni nel 1570, per cui il tabacco assunse ancora un altro nome: erba tornabuona.

Ecco, dunque, che il tabacco si avvicina a Lucca, città con cui avrebbe dovuto stringere una secolare alleanza che, tra alti e bassi, dura proficuamente ancora oggi. Anche se, come scrive nella seconda metà dell’Ottocento Salvatore Bongi, direttore e illustre archivista dell’Archivio di Stato lucchese, “sarebbe impossibile ritrovare notizie precise del tempo e del modo con cui l’uso di fiutare e fumare il tabacco dell’America… si introdusse nel territorio che già fu dell’Antica Repubblica Lucchese”. E risale al 5 gennaio 1649 una relazione dell’Ufficio delle Entrate con cui si indicava la possibilità di ‘fare provento’ dei nuovi generi di consumo, in particolare del tabacco. Il compratore di ‘esso provento’ (che per la prima volta si concedette senza incanto) fu il milanese Silvestro di Bernardo Marselli, il quale si impegnò a pagare 140 scudi lucchesi a patto di “poter, lui solo, nella città e Stato di Lucca vender tabacco o farlo vendere a chi più gli piaccia. Obbligandosi però a dare sempre tabacco vero, buono e mercantile, senza inganno o frode al prezzo di bolognini 15 la libbra.”

Sono anni difficili quelli centrali del secolo XVII, anni di fame e disperazione in molte parti d’Europa e d’Italia. E’ appena terminata la Guerra dei Trent’anni e Lucca non fa eccezione: la repubblica si trova a vivere uno dei periodi più difficili della sua storia e anche la peraltro modesta entrata rappresentata da questa prima “privatizzazione” tornò probabilmente di grande utilità. Insomma, la storia di una relazione forte e duratura, quella tra la città e l’industria del tabacco, uno dei regali della prima globalizzazione della storia dell’umanità, prese l’avvio in tempi di grave crisi economica e sociale, riuscì a superarla e forse proprio per questo tale rapporto si consolidò e rafforzò. E mentre le industrie tradizionali declinavano, per esempio quella della seta, la manifattura e la commercializzazione del tabacco resistettero e si ampliarono: al punto che alla fine del ‘700 la Repubblica la avocò a sé, scegliendo la gestione pubblica affidata a un organismo, la ‘Deputazione sul tabacco’ la cui direzione fu affidata a 9 cittadini, 6 estratti a sorte e tre eletti in base alle proprie capacità: obiettivo assicurare al governo un rientro economico di almeno 8000 scudi.

Mentre l’autore continua a dipanare le trasformazioni che avvengono nell’assetto proprietario dell’azienda (la II e la III privatizzazione che precedono il Monopolio del 1869 affidato a una società anonima e la gestione diretta del Monopolio ripresa dal Governo nel 1883), le pagine più interessanti del libro, quelle capaci di illuminare di una luce nuova la storia della città, sono quelle che raccontano i diversi siti della fabbrica, le condizioni e l’ubicazione dei locali, le loro modifiche nel tempo: avvenimenti spesso complicati come sono sempre le cose degli uomini.

Folcarelli ci descrive puntualmente i vecchi metodi e l’organizzazione del lavoro, arricchiti da precise osservazioni demografiche e sociali sul lavoro a Lucca nel XIX secolo. Un periodo in cui cresce l’importanza della Manifattura Tabacchi nel contesto dell’economia lucchese dell’Ottocento, e peggiorano invece le condizioni materiali, salariali, di lavoro e di vita dei suoi addetti, in grande maggioranza donne.

Si creano così le condizioni per uno scontro sociale che caratterizzerà tutto il primo quindicennio del XX secolo. E’ nel 1909 che giungono al pettine i nodi e le contraddizioni accumulatisi negli anni precedenti e mai risolti. Il casus belli fu rappresentato dall’imposizione da parte della direzione di un’ora di straordinario a tutte le “sigariste”, e così per tutto il mese di marzo di quell’anno gli scioperi si susseguirono alle serrate. Uno scontro duro, per la cui composizione intervennero il prefetto e il sindaco. Uno stato di sofferenza, di disagio nel sistema delle relazioni interne alla manifattura che doveva culminare nell’episodio più acuto dello scontro sociale: lo sciopero generale della tarda primavera 1914, concluso con una netta sconfitta dei lavoratori che non riuscirono a creare la necessaria simpatia e la solidarietà dell’opinione pubblica lucchese attorno alle loro rivendicazioni.

Poi la Grande Guerra, gli anni del fascismo, la liberazione della città nel settembre 1944 che trova “la Manifattura, unico stabilimento della zona intatta nei suoi edifici, nelle sue macchine, nei suoi impianti, nelle sue attrezzature con scorte di tabacchi, con quasi intatte le scorte di materiali e articoli vari, in grado di riprendere immediatamente il lavoro normale”. Un merito non piccolo della direzione e delle maestranze.

Il resto è storia recente: la discussione sulla ubicazione della fabbrica fuori o dentro le Mura; l’individuazione della nuova sede a Mugnano, alla periferia di Lucca, l’inizio dei lavori, la loro conclusione. Contemporaneamente avviene l’ennesima privatizzazione, con il passaggio delle attività produttive e commerciali all’ETI (Ente Tabacchi Italiani) e, alla fine del 2000, l’acquisto dell’ETI da parte della multinazionale angloamericana, la BAT (British American Tabacco) Italia. Ancora più recente la dismissione della ‘Divisione sigari’, affidata dal 2006 al gruppo Maccaferri – Eridania che attualmente opera negli stabilimenti di Lucca, Cava de’ Tirreni (Sa) e Foiano della Chiana (Ar).

Paolo Folcarelli, La manifattura Tabacchi di Lucca; una fabbrica, una storia, pp. 128, Euro 15,00


Il libro di Paolo Folcarelli, La Manifattura Tabacchi di Lucca: una fabbrica, una storia, si può richiedere al “Club Amici del Toscano”, telefonando al numero verde 800 853 335