08 novembre 2009

"L’arte di correre" di Haruki Murakami


di Gianni Quilici

“L'arte di correre” è, negli infiniti modi che un libro può essere, una narrazione autobiografica, che si concentra su una passione ( e parzialmente su due) così vorace da divenire un tratto imprevedibile per chi conosce i suoi romanzi, ma profonda dell'identità dello scrittore stesso, il giapponese Haruki Murakami.
La passione è, come lascia presagire il titolo, la corsa, ma questo libro è da consigliare, oltre a chi ama correre, a chi ama qualsiasi sport o anche a chi ha semplicemente delle passioni.

E' un libro che contiene una spiccata valenza etico-didattica, tanto più evidente e significativa oggi, nella società della frammentazione e delle apparenze, del sovraccarico di immagini e del frastuono.

“L'arte di correre” rappresenta, infatti, in modo analitico, il processo attraverso cui si progettano le proprie intenzioni, le proprie passioni. E quindi la fatica della concentrazione, la pazienza della costanza, l'irriducibilità verso l'obiettivo proposto.
Non attraverso il saggio, ma in una narrazione che questa passione scolpisce, ti fa vivere, te la comunica.

E' quindi soprattutto letteratura, a volte grande letteratura, laddove Murakami semplicemente racconta: per esempio l'ultramaratona di 100 km, percorsa in 11 ore, e la maratona classica, che, da solo, lo scrittore corre, da Atene a Maratona tra il traffico prima ed il calore devastante poi dell'estate. Qui la scrittura tocca le corde dell'esaurimento fisico: una lotta non solo fisica, ma anche e soprattutto psichica. Quando il corpo è stremato, spossessato l'unica risorsa diventa quella mentale, una volontà prodigiosa, che accumula tutte le risorse rimaste. Nella maratona dei cento Km Murakami, infatti, tiene duro con un unico pensiero in testa: “Non sono una persona, sono una pura e semplice macchina. E visto che sono una macchina, non ho bisogno di sentire proprio nulla. Devo solo andare avanti”.
Sulla corsa, invece, verso Maratona scrive:” Per quanto beva, dopo un attimo ho di nuovo sete. Ah, quanto vorrei una bella birra ghiacciata! Basta, basta pensare alla birra. E farei anche meglio a evitare di pensare al sole. E al vento. E all'articolo che devo scrivere. Mi devo concentrare soltanto sull'azione di mettere un piede davanti all'altro. In questo momento l'unico problema urgente è questo”.

Il limite del romanzo è nell'urgenza di trasmettere l'esperienza anche nei suoi aspetti pratici più minimalisti. Necessità che diventa a volte ripetitiva; a volte più sua (dello scrittore) che nostra (dei lettori).

Solo per chi aderisce a questa passione, come il sottoscritto, anche questi dettagli possono acquistare senso e valore, perché fanno (o possono far) parte di uno stesso percorso.

Alcune frasi esemplificative di questa “arte”:
* Ciò che piuttosto mi interessa è se riesco più o meno a raggiungere gli obiettivi che io stesso mi sono prefisso.
* Ciò che penso, semplicemente, è che, una volta usciti dalla prima giovinezza, nella vita è necessario stabilire delle priorità. Una sorta di graduatoria che permetta di distribuire al meglio tempo e energia.
* Vincere o perdere contro me stesso: esistono soltanto queste due possibilità
* ..la qualità del vivere non si trova in valori misurabili in voti, numeri e gradi, ma è insita nell'azione stessa, vi scorre dentro.
* Il titolo giapponese di questo libro riprende quello di una raccolta di racconti di Raymond Carver, lo scrittore che io amo tanto: Di cosa parlo quando parlo di amore.

Murakami Haruki.L'arte di correre. Traduzione: Antonietta Pastore. Pagine 157 . Einaudi. Euro 18,00