22 novembre 2013

"Viaggio in Garfagnana: Castiglione e Sassorosso" di Gianni Quilici





17 novembre 2013, ore 12, temperatura 12°. Un cielo incerto tra grigio e luce.
“Prima o poi vorrei scendere giù nel Serchio …fare foto” dico. Mi appare a tratti dalla macchina il biancore dei sassi lungo il greto e il bagliore dell’acqua, che indugia nel letto. Lo sento un paesaggio autentico, senza fronzoli, da abbracciare.

foto Gianni Quilici
Ore 13. Castiglione di Garfagnana.
Lasciamo la macchina di fronte alla porta principale. Le porte sono una delle mie ossessioni fotografiche, perché forniscono una cornice e un contrasto di luce. Ci vuole però un corpo. Arriva d’improvviso. Un giovane che cammina veloce.
Non c’è nessuno nella piazza: il municipio, qualche panchina, un pozzo al centro ed una fontana incorniciata di bugnato. La strada lastricata porta alla Rocca. La Rocca è magnifica. La vedo da un belvedere erboso. In basso una bella casa colonica abbandonata con scale, un piccolo portico,  alberi scheletrici.
La Rocca va vista da diversi punti di vista. Uno dei migliori è  agli inizi del campanile di San Pietro dall’alto delle mura, perché da qui la Rocca può essere isolata nella sua forza e natura di pietre e sassi. Ma la bellezza singolare di Castiglione è nell’insieme: nella struttura muraria, che corre lungo la strada con le sue splendide torrette, tra cui, originale, quella con il campanile di San Michele sopra di essa. Non c’è quasi nessuno a quest’ora e di domenica: solo un cane ricciuto tutto bianco e un altro con chiazze nere legato al padrone. Fascino del tempo che scorre in uno scenario, che lo scolpisce.

Ore 14. Casina Rossa.
La fame, il parcheggio, il ristorante Linda. Ambiente familiare, bei quadri vagamente impressionisti alle pareti, vecchie foto sulla zona. Un primo piatto eccezionale: crèpe, in cui pezzettini di noci creano una dialettica di sapori in armonia.

foto Gianni Quilici
Ore 15. Sassorosso.
Appare dopo una curva in una posizione felicissima raccolto sotto un enorme masso rossastro; un masso  da cui  veniva estratta una pietra ricca di fossili detti “ammoniti”. Si scende lungo una stradina asfaltata, che finisce allargandosi in una piazza su cui incombe la parete rocciosa da un lato e la chiesa con il bel campanile con bifore e pinnacoli dall’altro. Vedo una fontanella, il monumento a un giovane caduto durante la prima guerra mondiale, una strada che sale e una che scende. Vedo  una casa in ristrutturazione con una bella pavimentazione di pietra squadrata, un’osteria, ferri di cavallo attaccati sulla facciata di una casa e le rocce che salgono fino alla cava, oggi, abbandonata.



Ore 16. Lungo la strada.
Fermiamo la macchina. Scattiamo la foto, l’ultima: Sassorosso, che appare sfocata tra foglie di castagni, nella sua miracolosa evanescenza.

   

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