Il soggetto, il signor Gregorio, ritratto da
Alessandro Lanciotti con singolare capacità veristica ma anche poetica, si
staglia con una evidenza teatrale e scultorea, balzando in primissimo piano, e
rammentando qualche canuto ma invincibile eroe omerico.
La barba lunga, più bianca che grigia, la folta
capigliatura, anch'essa piuttosto imbiancata, il volto scavato da profonde
rughe ma molto abbronzato, benché in inverno, i lineamenti marcati, i muscoli
che affiorano dalle braccia, la forza e l'energia messe anche in un gesto
minimo come quello di tenere in mano una sigaretta, .. questo complesso di
elementi denota essenzialmente due cose.
La prima è che siamo di fronte ad un volto
parlante, segnato dalla strada, rappresentativo quindi di una moltitudine di
altri volti e di una infinita stratificazione di epoche, quali solo la strada
accoglie, accumula e consegna a chi la vive così da vicino, homeless, creature
ai margini, poveri o non integrabili, per la banale e feroce logica della
globale economia e della società moderna.
La seconda evidenza è che, da uomo di strada, la
sua vera età non sarà mai chiaramente decifrabile e conoscibile da noi che lo
osserviamo. Potrebbe essere molto anziano, ma anche un uomo di mezza età,
poiché si appalesa quella caratteristica tipica di chi ha un passato pesante:
il divario fra età dimostrata ed età anagrafica. E questo mistero rende il
soggetto ancora più emblematico e sfuggente, in quanto incuriosisce, senza
lasciarsi inquadrare.
Accanto a Gregorio la sua casa: una roulotte. La
roulotte, dimora già di per sè fragile e precaria, sembra, accanto a Gregorio,
ancor più piccina: surreale per dimensioni, sebbene nessun ritocco ottico o
filtro abbia potuto ottenere questo impressionante effetto, a parte la
prospettiva acuta e sensibile da cui si è posto il fotografo. Come un
giocattolo a paragone della grandezza di lui, la roulotte ci appare qual fosse
un suo sogno (il sogno di Gregorio, incubo od ossessione), venendo ad acquisire
la qualità della proiezione poetica, oltre a quella realistica di essere una
cosa vera, ma talmente sproporzionata da sembrare qualcosa abitato dallo
spirito di Gregorio e non, viceversa, abitabile da Gregorio.
Foto di Alessandro Lanciotti |
La prospettiva del fotografo ha il dono di
rafforzare questo aspetto, cosicché la valenza allegorica e morale del ritratto
fotografico appare ineluttabile e viene da desumere che l'artista si sia mosso
e recato di proposito verso la periferia, non solo materiale ma umana, per
riportare, al centro, appunto, la centralità dell'uomo: che abbia incontrato e
voglia presentarci Gregorio come un grande uomo, un personaggio mitico
costretto, dal fato, in una casetta in miniatura, confinato in periferia, in
una vita angusta e risicata, in una società limitata ed ingiusta, in una cornice
sociale e in uno spazio abitativo, insomma, inadeguati alla sua tempra, alla
sua forza ed alla sua caratura. Le luci di un tenue tramonto arrivano da dietro
fino alla linea laterale del volto di Gregorio, cercando un varco fra i suoi
capelli, ma vengono arrestate da una densità impenetrabile.. forse i segreti,
luci ed ombre, custoditi dentro e portati con sé, resteranno insondabili per
sempre, da chi non ha combattuto e non immagina, ma soprattutto si rifiuta di
farlo, le tante -troppe!- battaglie dell'uomo della roulotte.
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