05 maggio 2019

"Barga, viaggio nella Garfagnana" di Gianni Quilici


Acquerello di Umberto Vittorini -1957-

 1 maggio 2019. Desiderio di altro. Altro paese, altro paesaggio, altro tempo. Ma dove? Ci penso, ma niente mi attrae. O il paese è troppo lontano. O già troppo  rivisto. Alla fine decido: Barga. A metà tra la  cittadina e il paese è il più medievale e ricco di sorprese della Garfagnana, penso. Ci sono stato tuttavia più volte. Mi convinco, però, che abbia senso rivederla. Ho visto in superficie: la bella porta, i vicoli, il Duomo in alto, ma ho fotografato più che osservato.
 Sulla strada una fila di moto argentate, di grossa cilindrata, potenti, una dietro l’altra sfilano lentamente davanti agli occhi. Mi piacciono? Sì, ma provo un leggero fastidio. Forse perché non ho mai guidato una moto, solo motorini, e immagino l’autocompiacimento di chi ne è alla guida con quella potenza scattante, i manubri alti e larghi che danno al pilota una sembianza quasi ieratica.
Nel parcheggio in basso l’erba è piena di margherite fitte, che fanno primavera, anche se il cielo è multiforme: grigio, scuro con chiazze celestine.  
 
foto di Gianni Quilici
 La porta Mancianella ( o Porta Reale) prosegue con un alto muraglione che arriva ad una villa (chiusa), mentre sottostante la piazza rettangolare adibita a parcheggio  (infatti è sempre piena di macchine), è fiancheggiata da una fila di platani, protesi nudi come braccia verso il cielo.
Alla fine di questa piazza si sale con brevi, verdeggianti gradinate verso il monumento in bronzo dedicato a Antonio Mordini, garibaldino e poi senatore barghigiano al primo Senato dell’Italia Unita. Una collocazione teatrale in alto con lo sfondo dell’aria e con enormi sassi ai piedi. Salendo appena si arriva ad un bastione su cui si erge un maestoso cedro del Libano piantato-leggo- nel 1823.
 
Foto di Gianni Quilici

Rientrando dalla porta si prende la via delle mura, che sale stretta, si incontra un giardino con panchine, un palazzo liberty, il conservatorio e la chiesa di S. Elisabetta, oggi chiuse, e poi ecco le scale scenografiche che salgono al Duomo.

 
foto di Gianni Quilici
Sul piazzale largo e quasi solitario la bellezza della facciata del Duomo, la distesa dei tetti e delle terrazze della antica e nuova Barga e un paesaggio che dalle Alpi Apuane prosegue con gli Appennini e le Pizzorne nello sfondo di un cielo rabbuiato.
 
foto di Gianni Quilici
Davanti al Duomo il sagrato marmoreo e l’interno ci accoglie nel silenzio appena appena illuminato da una luce che filtra dalle finestre romaniche chiuse da lastre di alabastro egiziano. A parte le acquasantiere lucenti del XII e XIII secolo è il Pulpito l’ornamento più rilevante e prezioso. Ha la forma di cassa rettangolare ricco di sculture ai lati, è sorretto da quattro colonnine, che poggiano su due tranquilli leoni, che tengono tra i loro artigli rispettivamente un drago e un uomo.
 
foto di Gianni Quilici
Fuori nel piazzale un gruppo folto di ragazze e ragazzi disposti in circolo stanno giocando. Li fotografo e capisco che c’è una di quelle competizioni fatte con il sorriso sulle labbra. Dirige uno di loro che, a un certo punto, stabilisce chi ha vinto tra i due gruppi. Tutti bravi, dice, ma per i video ecc, ecc.  assegna la vittoria agli “arancioni” tra sorrisi e mugugni.
“Ci potrebbe fare una foto?” mi chiedono, consegnandomi un cellulare e una macchina fotografica. Si mettono in fila uno accanto all’altro ed io scatto, chiedo un’esultanza e riscatto. Inizia a pioviscolare. Ci sarebbero ancora tanti luoghi da vivere: la Porta Macchiaia con i resti di mura, l’acquedotto, le piazze centrali con la Loggia dei Mercanti, il Teatro e lì a un passo la loggetta del Podestà, oggi Museo storico,  ma scendendo lungo una carraia, coprendo la testa con un fazzoletto “non è che l’inizio” penso.
    



  

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