Tempo fa, amici di amici, mi hanno mandato a dire che su facebook non si scrive così. Che insomma certi argomenti, o un certo modo di trattarli, qui sopra non vanno bene, sarebbero come i cavoli a merenda.
Meglio fare dei post sulla cronaca della più minuta quotidianità personale: la spesa ahimè costosa, il bus che non è passato, il sugo che cuoce, il dentifricio vuoto, l'ultimo shopping, l'ennesima bolletta, il PC che si inchioda, l'amore che tarda ad arrivare, la cena con gli amici, i nipoti, i nonni, gli zii, il ritratto di famiglia, il ritratto individuale, l'attacco al politico, al virologo, al calciatore ecc ecc. La lista delle attività umane è infinita.
Io non so se c'è una ricetta giusta su cosa e come scrivere su Facebook. C'è la massima libertà, ognuno mette parti del suo mondo. So solo che, almeno per me, Facebook è un diario pubblico dove ho scelto di non mettere gli accadimenti privati (la tessitura minuta, anonima, del piccolo evento quotidiano) perché non li trovo interessanti. Cerco semmai di condividere il lato migliore di me, le parti meno noiose; di passare ad altri passioni feroci, scoperte, entusiasmi, tenendo lontane, su uno sfondo invisibile, le scorie e le miserie.
Facebook è una nuova forma di autobiografia, a volte persino di autofiction quando i dati al grado zero della realtà vengono filtrati e rielaborati, sia in senso fisico (il taglio delle foto, i filtri, l'erotismo, la dolcezza, la moda ecc) sia in senso culturale, possibilmente di nobilitazione di sé (le citazioni colte, le poesie, l'aforisma, l'ultimo libro, la mostra o il museo, talvolta un'opera d'arte, l'affondo politico, medico, filosofico, orfico, sapienziale, oracolare ecc).
Allora, quando gli amici di amici mi hanno mandato a dire che su facebook non si scrive così, ho pensato allo statuto di quelle scritture social che pretendono di portare sulle bacheche virtuali argomenti generalmente percepiti come appannaggio della saggistica.
Ho ripensato ai modelli possibili. Ci sono? È storicizzabile? Ad esempio quelli che, una volta, venivano chiamati i "corsivi" come esempi di alto bordo di giornalismo culturale. Ricordo solo gli "Improvvisi per macchina da scrivere" di Manganelli che elevavano la scrittura sul giornale a letteratura.
Non si possono fare "corsivi" anche sulle bacheche virtuali? Perché no? Così, a volerli ordinare in un assetto più duraturo, ne è venuto fuori questo libro: "Un diario pubblico di passioni private", edito da GD Edizioni
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