di Davide Pugnana
Periodicamente, come per un segreto gesto scaramantico, mi rituffo in quella prima sorgente artistica che, sui diciotto anni, mi spinse verso la grande letteratura: i romanzieri russi. Appena prima dei francesi, che molto tempo di letture mi avrebbero preso, furono i russi a conquistarmi per sempre. La sensazione di scoperta di un classico trascina sempre con sé l'impressione che, fino a quel momento, stranamente il nostro vissuto sia stato povero e manchevole: l'irruzione, a un tempo dolce e violenta, di un romanzo come "L'idiota" o come "Anna Karénina" è capace di rompere la nostra percezione dell'esistenza e della natura umana in un "prima" e in un "dopo", come se un vetro venisse infranto e un nuovo sguardo sulle cose cominciasse a prendere corpo. Questo furono, per me, Dostoevskij e Tolstoj.
Ogni volta che sento il bisogno di rinvigorire la mia energia di
lettore e di tornare a credere nella bellezza del vivere riapro quei romanzi
vasti, tentacolari, aurorali; e tutto, tutto il respiro tragico ed epico di
affreschi assoluti e totalizzanti come "I fratelli Karamazov" e
"Guerra e pace" mi spalancano le porte immense dell'agire umano, il
complicato telaio dell'esistenza, le sue forze diurne e oscure, i misfatti, le
redenzioni, le cadute abissali, la tessitura ronzante della vita quotidiana.
Non dimenticherò mai la prima volta che lessi la scena dell'innamoramento di
Levin e Kitty in "Anna Karenina". Un dialogo d'amore tutto giocato
sul filo sottile e smagliante del non detto, come accade tra Alfio e Mena nei
"Malavoglia" di Verga, altra duetto amoroso memorabile. Lévin arriva
al giardino zoologico alle quattro di pomeriggio, in «una limpida giornata di
gelo». Gli basta vedere la carrozza degli Šcerbackij (la famiglia di Kitty) per
farsi venire il batticuore. Il sentiero innevato che conduce alla pista di
pattinaggio è disseminato di simboli ieratici, lo scintillante laghetto
ghiacciato è il correlativo oggettivo dei pensieri puri di Lévin e della verginità
di Kitty. «Si accorse che lei era lì dalla gioia e dal terrore che gli aveva
afferrato il cuore» scrive Tolstoj. Avvertiamo l’agitazione del nostro eroe, le
pulsazioni, lo stomaco in subbuglio. Eccola finalmente: sebbene condivida la
pista con un nutrito gruppo di pattinatori, è isolata dal resto da una luce
vivida. Gli appare come una rosa tra le ortiche, dice Tolstoj. Una similitudine
semplice come è semplice l’animo di Lévin. «Tutto risplendeva di lei. Lei era
il sorriso che illumina tutto intorno a sé». Adoriamo Kitty perché gli occhi di
Lévin ci insegnano ad adorarla. Non sappiamo niente di lei e ne siamo già
innamorati. Presidiamo con imbarazzo all’incontro tra questi amici di vecchia
data. Kitty non è più una bambina, sta per esordire in società. Lévin,
inselvatichito dai mesi in campagna, dà prova di irredimibile imbranataggine. I
due finalmente pattinano insieme ed è questo sport elegante a scioglierli.
Quando lei gli chiede se si tratterà a lungo a Mosca, lui con qualche
esitazione risponde: «Dipende da voi». Lei finge di non aver sentito e il
lettore si chiede che ne sarà di Lévin. Siamo a vertici narrativi altissimi.
La stessa vita di Tolstoj ha il respiro di un suo romanzo, e in una manciata
d'anni sembrano condensarsi centinaia di pagine che svolgono anni, crescite,
debolezze, maturità, crisi e rinascite. Nell' "Album Tolstoj" dei
Meridiani Mondadori tutto è fissato come in un gigantesco dagherrotipo di
quell'epoca: l'infanzia dello scrittore alla luce della sua genealogia, la mitica
tenuta di Jasnaja, i primi precettori, il rapporto con i tre fratelli che si
svolge nel tempo tra esaltazioni e drammi, la vita militare del giovane Tolstoj
che vediamo in uniforme, la sua goffaggine nei salotti, le prime avvisaglie del
suo talento letterario attraverso i racconti, da "Adolescenza" a
"Sebastopoli".
Igor Sibaldi, che ha scritto il testo e i commenti
alle immagini di cui è trapunta questa biografia, ricostruisce con grande
perizia le varie epoche della vita di Tolstoj, mostrandoci dall'interno le imprese
pratiche e spirituali dello scrittore prima che diventasse uno dei geni della
narrativa russa di tutti i tempi. Da qui, ad esempio, le pagine dedicate alle
scuole (ben 23) aperte dal giovane Tolstoj, in veste di maestro rurale, per
alfabetizzare i figli dei muziki. Un gesto che già prelude ad alcune posizioni
da "anarchico cristiano" del vecchio Tolstoj.
Alcune delle pagine più belle di questo Album biografico sono quelle dedicate
al ruolo della moglie Sonja, la grande, complice, compagna di vita di Lev
Tolstoj. Ad un certo punto della loro vita, dopo varie burrasche e litigi, la
loro unione divenne perfetta perché Sonja iniziò a vivere e a partecipare del
sogno del marito, a gestire le proprietà, l'azienda, a crescere i figli, e,
soprattutto per noi che siamo i posteri, a trascrivere pazientemente le pagine
che Tolstoj andava scrivendo. È un piccolo miracolo coniugale. Le liti cessano
e Sonja si trasfigura. È lei a ricopiare impeccabilmente i capitoli che Lev
viene via via ultimando, glieli consegna in bella grafia, e non batte ciglio
quando le tornano ricoperti di accidentatissime correzioni: li ricopia di
nuovo, con magnifica, inesausta pazienza. Il tempo interiore del romanzo ingoia
così anche Sonja, e tutta casa Tolstoj: tutti le cose di fuori, tutti i
rapporti con il parentado moscovita, ogni relazione con la società e gli
editori. Scrivere, per i due coniugi, diventa come una traversata senza scalo
né tempeste, e tutto il resto sembra avvenire senza sosta, appena visibile
all'orizzonte. Siamo ormai alle porte di "Guerra e pace" e tutto - il
tempo, le scadenze, il quotidiano lavoro sulle pagine, le trascrizioni in
pulito, la consultazione dei testi di storia e dei memoriali, le letture di
nutrimento come Dickens, Cervantes, Hugo, Goethe e altri - ogni cosa si accorda
sulla folla dei personaggi, già formati o in formazione, che fanno di Tolstoj,
ancora oggi, una tale densità di vite, un'epoca, un mondo intero (quasi) senza
paragoni.
Lev Tolstoj. Album Tolstoj. Mondadori I Meridiani. a cura di Igor Sibaldi.
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