27 marzo 2022

"Il paese delle meraviglie" di Joyce Carol Oates

 

di Giulietta Isola

Molto della scrittura di un romanziere si svolge nell’inconscio. In quelle profondità è scritta l’ultima parola prima che una sola di queste appaia sulla carta. Ricordiamo i dettagli della nostra storia, non li inventiamo.” G. GREENE

           “Il paese delle meraviglie”, efficace conclusione dell’Epopea americana , è stato scritto nel 1967, ma si sposta dall’epoca della Depressione alla Seconda guerra mondiale, la Guerra di Corea, la “guerra fredda”, il Vietnam e l’assassinio di JF Kennedy. In quegli anni l’odio aveva scavato un solco profondo tra le generazioni ed impazzava la “controcultura”. 

             La professoressa delle parole, Mrs Oates, apre il suo romanzo con un quattordicenne terrorizzato che “sa” che sta per succedergli qualcosa di terribile o forse è già successo, lo seguiremo nel percorso tortuoso della sua esistenza che ci lascerà senza fiato. Jesse è l’unico sopravvissuto allo stermino della sua famiglia da parte del padre, troverà dimora nella facoltosa famiglia del dottor Pedersen, uomo ligio ai suoi doveri economici, ma padre assente e marito spietato, misogino e indifferente. 

           Siamo in un’America “benedetta da Dio”, l’America di tutti gli uomini, in apparenza un paradiso, ma in sostanza un inferno, non ci sono meraviglie in questo Paese. L’unica meraviglia è la prosa di Oates impeccabile, potente, densa, mai retorica, che ci stimola ad andare oltre la superficie , oltre le apparenze. 

           Come ha dichiarato l’autrice, questo è il libro più politico dell’epopea, il più difficile da comporre: nel periodo tra la fine del romanzo e la sua pubblicazione sono stati riscritti inizio e fine. Non ci vengono proposte né arringhe politiche né metafore esplicite del tumulto culturale degli anni Sessanta, ma è facile intuire i malesseri del tempo dalle lettere di Jesse, la figlia rapita dal sogno hippie che troveremo crudamente descritta sul finale devastata, asessuata, gialla in volto per l’itterizia . 

        Le incursioni, quasi brutali, degli eventi storici riveleranno quanto anestetizzata sia la vita del protagonista Jesse che il romanzo mostra come un arco ascendente: di origini umilissime diventa un medico socialmente riconosciuto e ricco a scapito però di una perdita totale di personalità. Un alienato, uno scienziato acuto attratto di ciò che è strano, inquietante e mostruoso che non riconosce il sé interiore ma evidenzia quello esteriore. Il sogno americano è un incubo, la gioventù americana è in declino, i personaggi de Il Paese delle meraviglie sono spietati e l’America è feroce. “Gli Stati Uniti sono una nazione unica nel suo genere, benedetta e potente, che non può essere conquistata, non nel corso della nostra vita o in quella dei nostri figli… Gli Stati Uniti hanno qualcosa di magico. I nostri sono tempi magici…”in questo sermone Jesse mostra tutto l’orgoglio americano di uomo che si sente artefice del proprio destino in una terra promessa, quasi fanatico con la sua qualifica da medico si sente il custode della vita altrui, sembra quasi voler occupare il posto di Dio, vuol diventare il migliore penalizzando la vita affettiva e non prestando le dovute attenzioni a sua moglie e alle sue due figlie, pagherà tutto a prezzo altissimo. 

            Per Oates il sogno americano è ormai andato in frantumi, non c’è più nulla da inseguire, nessuna redenzione, i peccati dei padri vengono scontati dai figli, sempre più soli e fragili. Il paese delle meraviglie ha il cuore nero, è un racconto magistrale del tramonto del sogno americano che non fa nessuno sconto alla società americana che non si dimostra capace di essere indulgente e di provare pietà per i vinti che non sempre possono essere considerati semplicemente vittime. 

                                           Da leggere con attenzione.

IL PAESE DELLE MERAVIGLIE di JOYCE CAROL OATES IL SAGGIATORE EDITORE

 

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