Cento domeniche e…
Succede sempre più spesso che le banche, tutte, nessuna esclusa, fuori da ogni trasparenza, fuori da ogni controllo, manovrino i soldi degli altri con disinvolta leggerezza colpevole.
Una modalità, questa, molto diffusa, come ha ben raccontato
nel suo recente film l’attore-regista Antonio Albanese “Cento domeniche”. Il
protagonista, Antonio Riva, operaio in pensione di una ditta della provincia
lombarda, vede andare in fumo l’intero suo “tesoretto”, frutto di una vita di
onesto lavoro e finalizzato alle spese per il matrimonio della figlia. L’aveva
tradito l’istituto bancario del suo territorio, quello con cui era cresciuto
assieme, di cui si fidavano suo padre e la sua famiglia.
Una presenza finanziaria, al tempo stesso, solida e
confortante.
Invece, approfittando dell’ingenuità e della scarsa
competenza dei correntisti, degli azionisti, dei soci, gli istituti bancari,
purtroppo anche quelli territoriali, agiscono spesso, non tutti, ma certo
molti, al limite della truffa. Occultandosi dietro parole di rassicurazione,
essi piegano ai loro interessi i quattrini loro affidati, il più delle volte
frutto di una vita di lavoro, lasciando nella disperazione e nello sconforto
migliaia di risparmiatori.
Nel film di Albanese il protagonista si suicida;
invece, nella vita di tutti i giorni, la mia diretta esperienza di vita mi dice
che decine, forse centinaia, di famiglie, finiscono per provare un profondo
sentimento di vergogna per essere state ingannate, turlupinate, accettando tacitamente
di non rivalersi nei confronti delle banche.
Queste, per di più, forti di appoggi nella politica
locale e in quella nazionale, approfittando di una legislazione inadeguata e
incoerente e di un silenzioso patto di non aggressione, stabilito da tempi
immemorabili con la magistratura, le banche, dico, operano in un regime di
sostanziale impunità. Fanno il bello e il cattivo tempo sulla pelle di
correntisti, risparmiatori, azionisti, soci… Pronte solo a raccogliere fondi e
mai, dico mai, a erogarne, anche di fronte a proposte fededegne e
finanziariamente sicure. E dieci, cento, mille Antonio Riva, l’umanissimo,
battagliero e sfortunato protagonista del film di Antonio Albanese!
Io sono una di loro. Persona perbene che ha affidato i
risparmi di una vita alla banca del territorio, una di quelle banche che, come
recita la pubblicità, “vanno incontro alla gente” e che, poi, ne tradiscono la
fiducia con la prepotenza di chi ha il potere di non rispondere mai dei propri
atti.
Non ci sono ricorsi, non ci sono tribunali… Intanto i
miei soldi se li tiene la banca: un atto di ingiustizia, di arroganza, che
toglie dignità a chi la subisce e relega nella solitudine e nell’indigenza.
E pensare che quei soldi sono miei e la banca me li ha
presi! E non esistono modi per farseli restituire.
Che dire? Antonio Riva c’est moi!
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