di Gianni Quilici
Mi colpisce. Mi ha fatto pensare a un fermo immagine felice. Come se fosse una ripresa video, dove il
regista grida “stop”, nell’attimo in cui
i tre protagonisti sono colti ognuno separato dall’altro, spazialmente
ordinati. Così si evince dalla foto: la donna a sinistra, il prete a destra e
il cane al centro della foto sullo sfondo; importante, perché equilibra lo
scatto, senza affollarlo.
Siamo alla fine degli anni ’50 e Renzo Tortelli, insieme al
suo amico e coetaneo Mario Giacomelli, si trova a Scanno, paese dell’Abruzzo,
che diventerà famoso fotograficamente, innanzitutto per gli scatti di Mario
Giacomelli, a cui seguiranno Cartier-Bresson,
Berengo Gardin, Fernando Scianna,
Fulvio Roiter, Mario Cresi, Pepi Merisio e altri.
Nello scatto la donna, abbastanza giovane, è colta come se
sognasse intensamente , il volto leggermente sollevato con occhi chiusi. Ciò
che colpisce è l’abbigliamento: il vestito lungo e largo nero, le scarpe-ciabatte
nere, i calzettoni neri, il copricapo nero. Soltanto il volto e il collo sono
scoperti.
Interessante è il prete. Se, infatti, da una parte è partecipe
alle regole sacerdozie di allora con la tonaca nera lunga, le mani in tasca; dall’altro presenta sul volto dei
grandi occhiali da sole neri, un elegante cappello a tesa larga nero, che
lo fanno sembrare più un turista americano che un prete per giunta del Sud.
Tra la donna e il prete, sullo sfondo il cane è una figurina
smunta nera sul biancore del pavé, con una coda piccola e arricciata.
Mi ha colpito che Renzo Tortelli in un libro “Obiettivo
Scanno” di Renzo Frontoni non venga neppure citato, perché questo scatto (ma
anche altri presenti nel suo sito) è essenziale, armonico nelle forme con una
qualità espressiva, che valorizza lo spessore storico-sociale.
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