Nel 1988
il dottor Rocco Mazzarone, si vide
arrivare nella sua casa di Tricarico da Parigi due casse contenenti le foto che il
suo amico Henri Cartier- Bresson aveva
scattato durante dei viaggi in Basilicata. Quelle istantanee Mazzarone le
donò poi al comune di Tricarico ed oggi fanno parte del patrimonio fotografico del locale centro di documentazione
dedicato al poeta Rocco Scotellaro.
Tra i più grandi maestri della fotografia mondiale e co-fondatore della prestigiosa agenzia
americana Magnum, Henri Cartier-Bresson (Chanteloup-en-Brie 1908-Montjustin
2004) passò per la Basilicata una prima volta
nel 1952 e vi ritornò venti anni dopo.
Ad invogliare il fotografo
francese ad attraversare i territori lucani fu, probabilmente lo scrittore e amico Carlo Levi e, naturalmente,
quella sua illimitata curiosità ad
accostare con lo sguardo i posti più
impensabili e nascosti del mondo.
Gli scatti lucani di Bresson
sono esposti da oggi e fino al 16 luglio
alla Sala Buzzati della Fondazione del Corriere della Sera in una mostra curata dal critico d’arte
Vincenzo Trione ed inserita nel cartellone
della sedicesima edizione della “Milanesiana”, il contenitore di cinema,
teatro, arte, letteratura, danza, scienza
ideato e curato da Elisabetta Sgarbi.
Il Cartier-Bresson che scatta in terra di Basilicata non è
diverso dal solito Cartier-Bresson spinto nel fermare sulla pellicola quell’incessante movimento della vita dotato
della forza di produrre forme plastiche cariche di emozioni. Lo sguardo del
fotografo francese si posa con
naturalezza, senza cercare risultati estetici, su una “terra dell’Italia
ritrovata”.
Osservando le foto delle
processioni dei piccoli centri, dei
paesaggi lunari dei calanchi e della murgia materana, dell’anziana signora che
torna dalla campagna con l’asino, dei bambini e delle donne in costume
tradizionale è chiaro ripensare alla Lucania, terra del dolore e
dell’arretratezza, conosciuta dagli
studi etno-antropologici realizzati negli anni cinquanta da Ernesto De Martino
e Diego Carpitella.
Ma lo sguardo di Bresson non subisce alcun condizionamento di
sorta, già nel viaggio successivo del 1972 svela genti e luoghi che vanno evolvendosi per lasciarsi dietro tutto quel corollario di arcaismi. Così
il “fotografo-arciere” si fa testimone dei mutamenti in corso nella società contadina
lucana e ferma sulla pellicola le tracce di una società consumistica che sta spingendo per omologare ogni costume e humus culturale.
Henri-Cartier-Bresson anche
con i tour in Lucania non intendeva realizzare alcun reportage, piuttosto
penetrare nel cuore vivo della gente e dei luoghi, “catturare momenti densi di
realtà e tenere insieme delle forme”. Ancora una volta ogni clic della sua inseparabile Leica è un
momento per rubare un’immagine unica, la quale non si limita a far vedere
qualcosa, ma consegna sempre una breve trama per pensare.
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