di Gianni Quilici
Una grande foto di
vita quotidiana sulle strade di Cuba di Ernesto Bazan, che coglie una
molteplicità di situazioni e di sguardi, che si organizzano in una forma felicemente
armonica.
Al centro, colto
da vicino, un ragazzo concentrato con
occhi socchiusi, mentre sta camminando, sul capo una tavola su cui è
sdraiato un maialino morto, che sembra quasi vivo. Già questo sarebbe, di per sé, uno scatto
inconsueto e molto originale, con tutto ciò che si potrebbe aggiungere ragionando
sui dettagli.
L’abilità, e anche
un briciolo di fortuna, di Ernesto Bazan nasce dallo sfondo, che rende più
articolata, complessa e riuscita la foto.
Sulla sinistra,
infatti, vediamo la bambina sopra un muretto, che lo osserva estatica, mentre
tiene tra le mani un cerchio hula hoop, intorno alla vita. Un ottimo scatto di per sé,
anche questo.
Dalla parte
opposta, invece, due altre bambine in movimento si incrociano: l’una guarda il
ragazzo passare, forse stupita, con la mano sul volto e i piedi in cammino, che
curiosamente formano un triangolo, mentre l’altra la vediamo soltanto di spalla al
limite dell’inquadratura.
Nessuna sovrapposizione tra di loro, in una fotografia dove si mescolano lavoro e gioco per strada, senza che nessuno
dei loro sguardi si incroci.
Siamo a Cuba nei primi
anni ’90 nel periodo più difficile della storia dell’isola: l’Unione Sovietica
è crollata e l’embargo statunitense si fa più insopportabile. Vivere a Cuba è
duro, ma il popolo cubano , anche in mezzo alla povertà, esprime, come ha scritto
Ernesto Bazan, “dignità, allegria,
passione per la danza e la musica e il forte senso della patria”.
Bazan, nato a Palerno nel 1959, ha vissuto a Cuba
dal 1992 al 2006 “quattordici anni di vita vissuti intensamente”, perché
nell’isola ha trovato l’infanzia perduta, si è innamorato, è diventato padre, è
cresciuto come fotografo, vincendo, tra l’altro, il primo premio del World
Press Photo e il prestigioso Eugene Smith
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