di Rosanna Valentina Lo Bello
Lessi per la prima volta questo libro nel 1986 e non scrissi niente a riguardo: probabilmente perché, giovanissima, non riuscii a entrarne dentro le righe. Rileggendolo da poco, ci sono riuscita e ne sono rimasta ampliamente soddisfatta da consigliarne la lettura.
Voglio subito spendere qualche riga sull’autrice Pearl S. Buck (1892-1973): grande e validissima donna, non a caso vincitrice del Premio Pulitzer nel 1931 con “La buona terra” e premio Nobel per la letteratura nel 1938. Con i suoi genitori, missionari protestanti, si trasferì in Cina da piccolissima e il cinese diventò la sua lingua-madre, crescendo in quell’ambiente. Da qui, si riscontra il suo amore per la Cina nei suoi romanzi. A 17 anni completò gli studi in America, dove si laureò e, dopo un “via-vai” tra Cina e Stati Uniti, insegnò letteratura inglese nel Paese orientale.
Purtroppo, essendo una donna considerata “troppo avanti” per quei tempi, dovette lasciare la cattedra: il suo modo di insegnare veniva considerato “troppo moderno”. Tornò in America, prima divorziò da suo marito e poi sposò il suo editore, adottò ben nove bambini e si mise a scrivere diversi libri, spesso adattati per il cinema. Si dedicò molto ai bambini delle minoranze etniche e nel 1949 fondò la Welcome House per gli orfani provenienti dall’Asia. Morì negli Stati Uniti senza poter rivedere la sua amata Cina, le era stato vietato. Ho ritenuto importante scrivere queste righe dato che disegnano perfettamente il tipo di persona che era Pearl S. Buck.
La casa dei fiori in un primo momento può risultare un libro di altri tempi ma è, invece, attualissimo e rappresenta bene l’avanguardia del ’68, data in cui è uscito. Con un linguaggio a tratti un po’ arcaico, ma grazie a una grande abilità nella scrittura limpida, pacata che fa emergere molto bene i vari conflitti.
Il racconto inizia “in sordina”, anche se già nella seconda pagina una lettera dalla Corea si rivelerà un indizio fondamentale per l’intera storia. Una coppia: lui, Chris, avvocato retto e ambizioso, sta per diventare Governatore e futuro candidato alla presidenza degli Stati Uniti; lei, Laura, una fotomodella e scienziata di oceanografia. Sposati, felici, senza figli. Un’unione salda, basata sul rispetto reciproco più razionale che passionale. Questo equilibrio crolla quando arriva una lettera dalla Corea da parte del figlio undicenne che Chris aveva avuto da una precedente relazione. Seppur con grande difficoltà dirà tutto a Laura, quest’ultima deciderà di andare in Corea per prendere il ragazzino ma soprattutto per conoscere Sunia.
A questo punto, i due protagonisti, disegnati quasi con un leggero tratto di matita, cominciano a prendere spessore. Inevitabile il riferimento al passato di Chris che viene accompagnato per mano all’interno del racconto e con un delicato equilibrio. Il presente si impone con prepotenza, a volte egoistica, anche se comprensibile al fine di evitare scandali.
L’autrice affronta un tema attualissimo: identità di chi nasce nel bivio tra due mondi. Lei crede nella ricchezza aggiuntiva di queste nascite di sangue misto, ma in Corea non veniva accettato questo concetto e i bambini venivano uccisi o castrati per non contaminare la purezza della razza. Kim Chris a soli 11 anni si rendeva conto di tutto questo e, di conseguenza, non si sentiva amato, pieno di insicurezze e fragilità ma, fortunatamente, grazie a Laura verrà portato in America e, durante, la serata, in occasione della vittoria politica del padre, viene presentato in società.
Ora, vorrei sottolineare due momenti colmi di poesia all’interno di questa scorrevole prosa. Riguardano l’incontro in Corea delle due donne (Laura e Sunia) legate dal profondo amore per lo stesso uomo. Si guardano, si parlano con imbarazzo e complicità: “Poi come risoluta a non avere timore di Laura le si fermò accanto quasi volesse parlare. Ma non parlò e Laura si sentì sfiorare la gota dalla sua mano morbida come l’ala di una falena” (…) “Per voi mi ha lasciata” sospirò “con le dita lisciava piccole pieghe nella morbida seta della sua gonna, assorta nei pensieri che laura non poteva conoscere, le lunghe e dritte ciglia abbassate sulle gote delicatamente rosse”.
In fine, ho trovato molto toccante la spiegazione che Laura offre al ragazzino quando le chiede “chi sono?” lei prende come esempio le libellule “Esse cominciano la loro vita nell’acqua. Penseranno, immagino, se loro pensano- di essere creature acquatiche. Ma un giorno sentono il violento desiderio di levarsi alla superficie dell’acqua. Qui si spogliano della loro pelle e improvvisamente si trovano con le ali. Prima di allora non hanno mai conosciuto le ali, ma appena le hanno spiccano il volo nel sole e mai più tornano nell’acqua dove sono nate. Ho cercato così di dirti che in tutta la natura esistono questi preziosi anelli di congiunzione tra regni, tra le specie e ora tra le razze. Li definisco preziosi perché tendono all’unità della creazione. Le divisioni non sono durevoli”.
Stupendo esempio. Come trovo stupendo il titolo del libro la casa dei fiori dove Sunia vendeva le donne a solo coreani. Un titolo quasi ingannevole, ma carico di Amore.
Pearl S. Buck. La casa dei fiori, traduzione di Orsola Nemi.Mondadori.
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