15 giugno 2014

"Un’ occhiatina a San Pietro e altre fughe" di Enzo Guidi




di Luciano Luciani

Rari, si contano sulle dita di una mano, e quindi ancora più preziosi, i libri di Enzo Guidi. Al lontano 1977 risale il celeberrimo Carconia, volume collettaneo, a cui Guidi partecipò con piglio di protagonista. É poi è necessario attendere un quarto di secolo per ritrovare una sua pubblicazione: la Breve storia di “Lucca beat”, narrazione storicamente documentata e circostanziata di una tessera, provinciale ma significativa, del vasto mosaico, ancora in gran parte da comporre, dell’insorgenza delle giovani generazioni degli anni sessanta e settanta, contro gli assetti sociali, culturali e politici di un troppo lungo dopoguerra.

Nel 2006 esce Dalmatica, romanzo che ruota attorno al tema del viaggio: nel futuro e nel passato; attraverso territori geografici poco noti e viaggio come fuga e salvezza.

Pochi libri pubblicati, ma, in compenso, tanta scrittura, rifluita, anche se solo in parte, in quelle laboriose officine della letteratura che sono state e sono ancora oggi le riviste di cultura: “La Rassegna Lucchese”, “La linea dell’occhio”, “Il Grandevetro”, “Erba d’Arno”, “L’immaginazione”: luoghi importanti di elaborazione, di esercizi di stile, di confronto tra esperienze diverse. E ora questo Occhiatina a San Pietro e altre fughe, trenta racconti, più brevi che lunghi ma non sempre, ordinati secondo il titolo in ordine alfabetico. Tutti, tranne il primo: il più strutturato e il più lungo, che nomina l’intera raccolta, quindi in posizione privilegiata, a cui evidentemente l’Autore assegna un posto di rilievo circa l’indicazione al lettore del cosa dire e del come dirlo, ovvero la sua poetica.

Titolo intriso d’ironia, Occhiatina a San Pietro, è desunto dal parlato quotidiano toscano, che ama spesso scivolare verso i diminuitivi-vezzeggiativi, e che ci appare vistosamente incongruo rispetto alla vastità e complessità della cattolica basilica romana, così carica di storia, di spiritualità, di potere.

Solo due improvvidi possono pensare di visitare San Pietro con “un’occhiatina” e tali sono davvero Ruby (Rubino) e Frankie (Francesco), due ancor giovani border line di provincia, cultori delle pubblicazioni pornografiche, del vino, della musica dura; qualche periodo di permanenza a Maggiano il primo, qualche fissa paranoica, il secondo. Insomma, due personaggi dediti alle modeste trasgressioni che la provincia italiana alla metà degli anni settanta offriva, consentiva e tollerava.

Anche in questa storia c’è un viaggio, a Roma, per verificare la veridicità di un sogno/visione di Frankie: sarà vero che “tutti quelli morti prima di noi, li tengono a Roma? Li tiene il papa nei sotterranei di San Pietro?” Questa la motivazione per la sgangherata spedizione dei nostri due comici spaventati guerrieri: un vagabondaggio in Cinquecento, mangiadischi a palla (siamo, non a caso ,nella seconda metà degli anni settanta) e tanto vino e tanta birra; un viaggio a suo modo di scoperta e di conoscenza che riserverà non poche sorprese ai nostri inetti antieroi e soprattutto si concluderà con la percezione che tutto è fuori posto e sbagliato, che tutto è peccato e che non rimanga altro da fare che arrendersi a “Loro”, un potere assoluto e totalizzante che detiene il mistero della vita e della morte. L’occhiatina a San Pietro si conclude, dunque, con una sconfitta, metafora di un fallimento più largo, generazionale ed esistenziale insieme: la società, la storia, la propria vita, soprattutto la propria vita, non si possono cambiare.

La raccolta ci fornisce anche alcune utili  informazioni intorno al suo Autore e alla sua poetica: Guidi è, e non solo anagraficamente, un figlio del secolo scorso, o meglio della sua seconda metà e, come tanti dei suoi coetanei, non ha ancora accettato e rielaborato il trauma dell’improvvisa accelerazione della Storia, del mondo, della società intorno a lui, in cui si è trovato coinvolto a partire dall’adolescenza e nutre una grande nostalgia per il “mondo di ieri”; è cresciuto a cinema (tanto cinema, ne sono intrise la sue pagine!) e libri; libri, quindi letteratura, tanta letteratura, di tutti i tipi: alta, bassa, così così, colta e popolare, raffinata e plebea. Tra le letterature alte, Guidi nutre un’ammirazione sfrenata per la tedesca, è tanatofobo, e quella della morte non è la sua unica, anche se principale, paura: a questa si aggiunge anche quella di un mondo ipertecnologicizzato, con tutte le sue ricadute tiranniche e paternalistiche; non ama la TV, (il nuovo oppio dei popoli), il calcio e tutti i relativi chiacchiericci di fondo.

Ora, mescolate tutti questi ingredienti e aggiungetene ancora un paio: una spietata sincerità nel raccontare, non solo come eravamo e come siamo diventati, ma come eravamo e come siamo davvero dentro; una capacità non comune di narrare attraverso la parola scritta, che sembra trovare quasi naturalmente (una naturalezza, però, frutto di lavoro, di pazienza, di esercizio, di fatica sulla pagina) il passo, il ritmo, la pausa giusti, con, in più, una personalissima, originale dote nel trascorrere dal comico al tragico, dall’ordinario all’insolito, dal triviale al forbito.

Il risultato finale è dato da questi trenta racconti imbevuti di un umore nero, mai fine a se stesso, ma sempre teso alla domanda, all’introspezione: sul senso dell’esistenza; sulla la disarmonia tra valori assoluti e la nostra mediocrità; sul passato, non tutto da buttare, e un presente sempre più insoddisfacente…

Le pagine più felici? Oltre al racconto iniziale, quelle relative al mondo infantile (Carne di cobra e, soprattutto, Una buca.), di cui l’Autore si rivela acuto, perspicace indagatore e conoscitore e di cui sa raccontare ossessioni e crudeltà, perplessità e paure. E poi tutti i corposi lacerti lucchesi: Lucca, la città odiosamata, ricca di storia e di storie, i suoi cinema, i suoi bar, le sue edicole… Piccola città di provincia non particolarmente propizia, anzi spesso cattiva, eppure luogo imprescindibile per trarre l’ispirazione con cui mettere in scena l’alienazione dell’uomo contemporaneo, la crisi, l’angoscia, la solitudine, l’impossibilità di ogni comunicazione. Un vero e proprio teatro dell’assurdo e questa città ne è il palcoscenico ideale, a ogni racconto corrisponde un atto, una scena, un quadro… 

Enzo Guidi, Occhiatina a San Pietro e altre fughe, illustrazioni di Antonio Possenti, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2014, pp. 176, Euro 13,00

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