Un viaggiatore curioso
ai confini dell’ex impero sovietico
di Luciano Luciani
Mai
come nella nostra epoca gli uomini hanno viaggiato: sia come distanze percorse,
sia come frequenze di viaggi, sia come numero di persone. Un tempo viaggiavano
solo le tre M dell’Occidente: le merci, i militari, i missionari. Oggi, invece,
tutto sembra un movimento: viaggiano le cose, gli uomini, le informazioni…
Paradossalmente, nell’era della rivoluzione dei trasporti, non c’è più un posto
sicuro: tutto, infatti, è reso precario, fragile, incerto dal terrorismo, dalla
micro-criminalità, dai conflitti locali, dal rischio della diffusione di
malattie planetaria tipo Ebola.
Se poi si è fortunati e si riesce a evitare tutti questi disastri, rischiamo di imbatterci in un’altra maledizione: il turismo di massa, fatto di omologazione dei comportamenti e degli stili di vita dall’Europa all’Asia, all’America, all’Africa… Locali tutti uguali, vetrine di negozi identiche, alberghi simili a se stessi al nord come al sud del mondo, per evitare a queste nuove legioni di viaggiatori, in genere distratti e superficiali, il fastidio e le fatiche che il mondo fisico sempre comporta: l’alterità rappresentata dai luoghi e dalle genti con cui il turista entra in contatto.
Una condizione che non riguarda Paolo Vettori, viaggiatore dotto, curioso e infaticabile, che, agli itinerari consueti dei tour collettivi e delle agenzie di viaggio, preferisce la spedizione “in solitaria”, lungo itinerari meno noti e non battuti. E davvero poco noto e inusuale ai più è il Caucaso meridionale, alle periferie di quello che una volta era l’impero sovietico e oggi terra ribollente di interessi economici, aspirazioni nazionalistiche, tensioni religiose e culturali.
È in quest’area che si reca il nostro viaggiatore nell’estate del 2013, fresco di pensione e fresco di testa: senza pregiudizi, l’animo scevro da prevenzioni, tante e tante domande da fare e ben intenzionato a costruirsi, con onestà intellettuale, un’immagine, di quelle terre e di quei popoli, la più possibile vicina alla realtà. Tante e sincere le sue intenzioni al punto da compiere un’operazione oggi rara: riportare sulla pagina il dettagliato diario dei giorni di viaggio e di scoperta. I luoghi e le persone, i piccoli/grandi inciampi e impacci di un visitatore giunto da molto lontano; il confronto schietto tra le proprie aspettative e i risultati della visita in quei luoghi e di quegli incontri… Così il suo diventa anche un viaggio di carta e inchiostro, un quaderno di viaggio che sta tra il diario e il reportage, un documento che più e meglio di un saggio sociologico storico-politico ci racconta il passato e il presente di quelle aree lontane delle cronache e dagli itinerari turistici. Un resoconto sui luoghi visitati e, direi, anche sul visitatore, perché l’Autore non nasconde nulla dei suoi personali punti di vista, degli umori, dei sentimenti dell’io narrante.
Viaggiatore esperto, Vettori viaggia leggero, solo con l’essenziale. E se proprio deve caricarsi di qualcosa, acquista appena una vecchia guida del periodo sovietico. È attrezzato, invece, della sua cultura, delle letture, delle attese di ottenere risposte agli interrogativi di natura storico/ culturale che l’hanno portato in quei luoghi.
Fa domande, fa parlare molto gli altri, soprattutto ascolta. Rivede, se del caso, le proprie convinzioni. Riporta la laudatio temporis acti di alcuni sul passato regime, o, almeno, il loro atteggiamento sine ira et studio, ma mantiene il proprio giudizio netto sulla illiberalità del comunismo. Riguarda con simpatia, Vettori, alla tragica storia del popolo armeno e del suo sterminio consumatosi 100 anni fa: una vicenda spaventosa in sé e perché avrebbe aperto la strada ad altri, ancor più devastanti e terribili, genocidi simili avvenuti nel secolo scorso.
Viaggiatore di lungo corso, Paolo Vettori, sa come mantenere il giusto equilibrio tra programmazione e improvvisazione. Per cui, quando gli si offre l’opportunità di visitare un’area del mondo”, “al limite” non se la lascia sfuggire. E così mette piede nel Nagorno Karabakh, ovvero “il giardino nero in mezzo alle montagne” del Caucaso meridionale, piccolo stato fantasma, nato da una recente guerra sanguinosa tra Armeni e Azeri: quarantamila morti in pochi giorni e oggi estrema propaggine della cultura cristiana in un’area del mondo tutta islamica.
Yereven/Stefanakert. Ai confini dell’ex impero sovietico è scritto in uno stile limpido, cordiale, fruibile, accattivante a testimonianza di un rispetto di fondo per il lettore. Perché “viaggiare”, lo afferma un viaggiatore illustre e colto come Guido Piovene, “dovrebbe essere sempre un atto di umiltà”. Così viaggia e così racconta i suoi itinerari Paolo Vettori e noi che lo leggiamo gliene siamo grati.
Paolo
Vettori, Yerevan/Stepanakert. Ai confini dell’ex impero sovietico,
Edizioni Helikon, pp. 246. Euro 10,00
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