L'attualità del
classico
di Angelica Grivel
‘Le affinità elettive’: titolo esatto, perfetto,
esaustivo, ineccepibile. Ed é soltanto l'esordio. La veemenza dello scritto si
manifesterà con tanta efficacia nello scorrere delle pagine, meglio se lo si
assapora centellinandolo in modo da gustarne le molteplici e celate sfumature
di classe.
Una domanda mi
suscita immediatamente: come si può affrontare la complessità di Wolfgang
Goethe al giorno d’oggi? Come si può aprire questo volume possente e romantico
in tale periodo di evoluzione digitale?
La risposta è
semplice: Goethe si offre a nuove generazioni di lettori con l’intatta
freschezza di un classico che non finisce di stupire e intrigare per la sua
modernità. Ecco, quindi, perché il romanzo di Goethe può essere effettivamente
chiamato ‘un classico’. Infatti, nonostante sia stato composto tra il 1808 e il
1809, l’opera ha tutti i crismi per essere considerata tale, in quanto ‘è
classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più
incompatibile fa da padrona’ (Italo Calvino). Non si tratta, dunque, del tipico
romanzo dotato di appeal d’impatto: non è come quelle opere potenti e crudeli
che colpiscono il lettore come una
gelida secchiate d'acqua che che inopinatamente t'inzuppa. Essendo io una
ragazza di soli quindici anni, non ho la pretesa di voler leggere sottotraccia
e voler capire tutte le dinamiche filosofiche erudite della scrittura di tal
genio, nonostante sia una lettrice
appassionata e selettiva. Tuttavia, sono figlia del mio tempo. E questo
è un libro, sia detto, estremamente sofisticato, 'con una compenetrazione tra
concretezza plastica e idea, tra spiritualizzazione e incarnazione, un
permearsi reciproco dell'elemento ingenuo e di quello sentimentale, là dove
forma l'elemento plastico e quello critico, ciò che forma il poeta e ciò che
forma lo scrittore, portano i nomi di sensualità e di moralità, o quelli
storici di cristianesimo e di paganesimo.' (Thomas Mann, lui sì che riesce a
tradurre il mio pensiero critico!). Durante la lettura di quelle pagine ho però
riscontrato una verità universalmente riconosciuta, ed è stata per me un
momento di soddisfazione neo conoscitiva, di gioia gnostica: “Gli uomini pensano più al particolare, al
presente, e con ragione, poiché essi sono chiamati a fare, ad agire; le donne
pensano più alla catena di conseguenze ond’è intessuta la vita, poiché il
destino loro e delle famiglie è legato a questo nesso…”
La trama del romanzo
è intricata, affascinante e avvincente: privi di ogni sorta di preoccupazione,
il giovane e ricco barone Edoardo e sua moglie Carlotta sono votati alla cura
della loro tenuta, della casa, del giardino, e si dedicano alla lettura e alla
musica, ma il loro destino è già in agguato, pronto ad irrompere nella quiete
della loro esistenza. La coppia, infatti, invita al castello un amico storico
di Edoardo, soprannominato ‘il Capitano’, e poi la fragile nipote Ottilia, ed
ecco che si scatenano le cosiddette
‘affinità elettive’. Edoardo s’innamora di Ottilia e Carlotta del Capitano, anche
se, mentre Edoardo, capriccioso, viziato, egoista ma anche frivolo e dotto,
ambisce solo a realizzare i propri sogni e ad assecondare le sue esigenze e
passioni, Carlotta, moderata, riflessiva, attenta e razionale, obbedisce alla
ragione, cercando quindi di non farsi travolgere dalla passione. Dal canto suo,
il Capitano è assimilabile quasi alla versione maschile di Carlotta:
meticoloso, coerente, accorto, giudizioso. Ottilia appare in principio come un
frutto richiuso: non è né brillante, né spigliata, né tantomeno loquace, ma per
straordinaria metamorfosi, nel castello si rivela comunicativa, intelligente,
luminosa e benefica. Tra i quattro personaggi, in magica alchimia, si accendono
inarrestabili le affinità elettive, e irrimediabilmente turbano l’esistenza
serena sulla scena, e nulla può frenarle, né ragione, né virtù. (‘Le affinità
cominciano a diventare interessanti quando producono separazioni’- Edoardo).
E’ coinvolgente e
suggestiva soprattutto l’analisi psicologica dei personaggi, così rustici e
raffinati in modo antiquato, eppure così nuovi e sempre attuali: Edoardo è
egocentrico, un ambizioso incompetente (si cimenta in vari campi concernenti
soprattutto la cultura, ma di rado riesce), psicologicamente immaturo; invece,
Ottilia è ‘la più dolce figlia della natura che sia uscita dalle mani di un
artista’ (Thomas Mann), pura, sensibile, altruista e sempre attenta al prossimo
(In assoluto, il mio personaggio prediletto per la sua spietata sensibilità).
Carlotta e il Capitano sono due caratteri realisti: agiscono con metodo e
ragione, ma sovente in modo errato. In particolare, Carlotta è ‘tra il lusco e
il brusco, costantemente piuttosto seccata’, impaziente, iperattiva, desidera
cogliere l’attimo senza però pensare alle conseguenze che un suo qualsivoglia
gesto avrà sul suo futuro.
La vicenda si svolge
in un luogo imprecisato della Germania, in un anno indeterminato del
diciottesimo secolo, ed è un bazar di emozioni, infingimenti e meticolose
osservazioni intime.
Questo è stato per me
un libro ipnotico nel divenire, un susseguirsi di piccole epifanie sul
‘sentire’ umano, ma altresì sulla scrittura perfetta. E’ un libro che parla di
vite splendidamente descritte, con una certa perfezione plastica ma che nulla
toglie alla credibilità dei personaggi, così dolenti eppure pieni di speranze rinnovate,
e dunque affascinanti, capaci di suscitare emozioni e desiderio di emulazione.
Non perdete questa
opera, anche se ad una prima lettura potrebbe sembrare ardua, obsoleta e vieta;
non riponetelo sullo scaffale, ma affrontatelo con ottimismo e interesse: ne
vale la pena.
Johann Wolfgang von
Goethe. Le affinità elettive.
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