Un narratore senza nome di impronta proustiana una volta adulto rammemora gli anni cruciali della sua formazione, quando il passaggio dall’infanzia alla giovinezza attraversa i perigliosi territori dell’adolescenza. Se la famiglia di origine è piuttosto strampalata o, per dirla con appropriato linguaggio tecnico, disfunzionale, ecco che il racconto si fa succulento e quanto mai vario.
Se poi il problema è conoscere (o misconoscere) se stessi, cercare il proprio posto nel mondo ma essere disposti alla menzogna e al tradimento per ottenere uno status che brilli come uno specchietto per allodole sopra la patina dell’apparenza; se il tema della colpa si innesta nella storia delle persecuzioni del popolo perseguitato per eccellenza e se il riscatto passa attraverso l’ostentazione, lo snobismo e l’arte di succhiare dalla vita ogni piacere; se insomma la storia si dirama e si incanala nei meandri delle questioni essenziali e esistenziali più umane (o troppo umane), ecco che la lettura diventa una sorprendente esplorazione di sé attraverso la declinazione di un mondo inventato da un altro.
Onore all’intelligenza acuminata dell’autore, ca va sans dire. Che produce ancora una volta l’incantesimo della letteratura come “virtute e canoscenza”.
La storia più vicina all’autobiografia che Piperno abbia scritto è probabilmente questa: un ragazzino silenzioso e introspettivo con la scrittura nel sangue (ma lui ancora non lo sa) è diviso fra le due componenti del suo nucleo familiare: una madre ebrea (ma lui ancora non lo sa), professoressa integerrima, laconica, che conserva silenziosamente il suo segreto: avere ripudiato le sue origini giudaiche e altoborghesi per amore; un padre espansivo e tenero, gigante biondo inconcludente e insensatamente ottimista, con la passione per la musica, la trasgressione creativa e, ahimè, l’alcol.
Mai combinazione poteva essere più esplosiva, potenzialmente distruttiva, borderline e -insomma- sostanzialmente infelice.
Se ne accorgerà il nostro ragazzo, nel momento in cui la sua condizione di sfigato, poiché figlio di sfigati, potrà miracolosamente virare verso il suo esatto contrario: ad attenderlo c’è un mondo rilucente di ricchezza e privilegi a cui la ribellione materna lo aveva sottratto. Gli orizzonti improvvisamente si ampliano, in senso geografico e umano. Le contraddizioni diventano occasione di riflessione e potenti stimoli al cambiamento. Poi il dramma, la tragedia. La svolta improvvisa e inattesa.
E qui la storia si complica, si amplifica, apre la strada verso molti temi, fra cui quello della vergogna e della colpa, asse strutturale ed elemento coagulante di tutte le variazioni che costituiscono questa tessitura raffinata e complessa.
Perché il romanzo è veramente un romanzo secondo il canone classico e Alessandro Piperno sa muoverne i fili con destrezza.
Il difetto, a mio parere, è la ridondanza. Nello stile, nelle divagazioni, nelle diversioni saggistiche, elementi nei quali il compiacimento dello scrittore per la propria scrittura sembra sovrastare la voce del narratore. C’è qualcosa di esagerato, insomma, nella forbitezza formale, qualcosa che tocca il limite della pedanteria.
Ma alla fine, al netto di questi eccessi (formula che Piperno è solito usare), resta il piacere di leggere un romanzo attuale, articolato e affascinante
Di chi è la colpa. Alessandro Piperno. Mondadori
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