21 ottobre 2021

“Tra contagio e memoria. Liber familiaris” di Marina Luciani

 

di Marisa Cecchetti

               E’ una caratteristica della intelligenza umana cercare soluzioni ai problemi. Se ciò che si fa non risolve il problema in sé ma aiuta ad affrontarlo, a sopportarlo, lo aggira, è già una vittoria.

           Così Marina Luciani, romana, laureata in pedagogia, impegnata in ambito culturale, sociale, educativo, ha trasformato il periodo lungo e pesante di confinamento da Covid 19 in un’occasione, quella di recuperare tutta la storia di famiglia, “li maggior” suoi, andando indietro fino ai bisnonni, per arrivare ai giovani della sesta generazione dei Luciani.

            Si parte dai bisnonni Paolo Luciani e Maria Vincenza Todini,  originari della Ciociaria, e dal loro figlio Antonio -nonno Antonio- classe 1881, che, reduce dalla guerra di Libia, segue le orme di un fratello già emigrato negli Stati Uniti. Di lì ritorna qualche anno più tardi, vedovo di una giovanissima moglie e con due bimbi piccoli. In Ciociaria vive nella “casa del fossato” dove nel ’23 nasce il padre di Marina, Giuseppe.

            E’ proprio sulla figura di Giuseppe e di suo fratello Ferdinando - Nando - che si sofferma la scrittrice, uomini di sinistra, comunisti della prima ora quando il comunismo era inteso nel senso letterale di giustizia e uguaglianza, di recupero delle classi sociali più deboli. Tuttavia lei non  trascura  il vasto gruppo  familiare che annovera davvero persone di spicco, ognuna nella propria professione, si tratti di, chi, come Nando,  oltre all’impiego d’ufficio, fa anche il direttore di una testata, o di un sindacalista dalle idee innovative come Giuseppe, di uno scrittore come il cugino Luciano, un architetto come il fratello Roberto “produttore di iniziative culturali che necessiterebbero pagine e pagine”, una psicologa e psicoterapeuta come la cugina Tiziana, un giornalista RAI come il cugino Paolo, un medico come Remo figlio di Luciano,  e tanto altro ancora. Con apertura alla creatività delle ultime generazioni.

           Questa storia familiare si sviluppa sullo sfondo del ventesimo secolo legandosi alla grande Storia, con tutti gli eventi che l’hanno caratterizza, per cui parecchi dei nostri personaggi hanno vissuto momenti di enormi difficoltà legati alla guerra, alla miseria ed alla ricostruzione, agli anni degli scontri sociali violenti, momenti che richiedevano capacità di decidere e di riprogrammare, di trovare soluzioni. Ed anche di elaborare lutti. Senza mai perdere la forza e la fiducia nelle proprie idee.

           Del resto il contesto familiare in ogni generazione è stato formativo, in quanto ha sempre offerto esempi di curiosità, impegno, serietà, non disgiunti da intelligenza della mente e del cuore. Intanto il liber familiaris ci fa muovere per la Ciociaria e per i quartieri di Roma dietro a famiglie che cercano una sistemazione, che magari aprono la porta per accogliere parenti in difficoltà.

          Così ho avuto occasione di conoscere meglio - più che occasione lo definisco dono - una persona amica che frequento da anni per la condivisione di interessi letterari, il professor Luciano Luciani, persona riservata e gentile, insegnante, scrittore, che ama la  letteratura, la ricerca storica su vasto raggio, presenza ideativa e costitutiva di eventi culturali di rilievo, ultimo dei quali il Premio Letterario Viareggio Repaci 2021.

            Vederne le foto mentre gioca col cuginetto, conoscerne i genitori Nando e Aminta -la mamma di cui  parla sempre, ora centenaria- tutta la sua bella famiglia fino ai nipoti Matteo e Jacopo a cui qualche volta accenna con il giusto orgoglio di nonno, ecco, tutto questo mi ha dato gioia.

            “Una bella ragazza, Aminta, - scrive Marina- dai lunghi capelli castani e dal nome maschile in omaggio a suo padre Amintore, ufficiale postale”, che purtroppo rimane orfana da bambina di tutti e due i genitori e cresce a Livorno in un Istituto per i figli dei dipendenti delle Poste”.

            Non lo avrebbe mai fatto Luciano direttamente, questo disvelamento del  passato, ne sono sicura, invece lo fa in queste pagine, intervenendo per raccontare con parole sue: “Comunista a modo suo, Nando. Insofferente com’era, si è sempre tenuto lontano dai rituali della vita di partito, non mancando mai, però, di rinnovare la sua iscrizione al Pci presso la sede più vicina! […] L’iscrizione di Nando al Pci risale al 1944, con i tedeschi ancora a Roma”.

               Sono tempi difficili anche per la crescita di Luciano che nasce pochi anni più tardi: la madre non ha latte, si fanno miracoli per trovare quello in polvere e una “mamma di latte”.

          Ma essere figlio di un comunista comportò  una forma di emarginazione dei fratelli -Luciano, Paolo, Tiziana- a cui era impedita “la frequentazione dei coetanei “perbene” o ritenuti tali”; addirittura  nel 1965 espose Luciano ed alcuni compagni di liceo alle violenze di una “squadraccia di picchiatori neofascisti, perché redattori di una giornalino scolastico con articoli di dichiarato antifascismo”, la cui pubblicazione era stata agevolata dal padre Nando, direttore di un periodico di varia umanità “Primi Piani”.

             Del resto -scrive Luciano- senza mai avere imposto “le sue convinzioni ideali e politiche[…]non ci nascondeva il suo modo di pensare”. Individualmente e liberamente i tre fratelli si schierarono dalla stessa parte de padre.

             Una famiglia numerosa dai molteplici interessi, quella dei Luciani, che fa piacere scoprire e di cui il libro riconosce giustamente i meriti semplicemente raccontandola, i cui componenti si sono distinti sempre per l’amore e la diffusione della cultura, per il legame di solidarietà che li ha uniti, ma soprattutto per l’impegno sociale, per il loro agire volto alla tutela dei diritti delle persone e in modo particolare dei lavoratori. E per la coerenza tra idee e scelte di vita.

 Marina Luciani, Tra contagio e memoria. Liber familiaris, Edizioni La Grafica Pisana 2021, pag.112, € 12,00

 

 

 

Nessun commento: