15 novembre 2021

"Sono immagini dell'alba" di Marisa Cecchetti

 

di Dino Fiumalbi

     Non sono un re-censore, né professionista, né dilettante; confesso che qualche volta ho fatto il censore verso ragazzacci turbolenti e intenti a incursioni tattili non autorizzate nel piazzale della scuola, ma l’ho fatto con blanda severità. Quindi tutto quello che proverò a scrivere sul libro di Marisa Cecchetti, Sono immagini dell’alba, Giovane Holden Edizioni, Viareggio, 2021, sarà lontanissimo da funzioni giudicanti e da valutazioni “alletterate”.

     Proverò invece a descrivere quelle sensazioni personali che mi sono scaturite dalla presentazione al Caffè letterario e dalla successiva lettura (lapis in mano) del libro di Marisa.

     Dentro le pagine si parla di sogni, ma anche di ricordi e da questo abbinamento nasce la prima impressione. L’etimologia di ricordare ci collega ovviamente al cuore; meno ovviamente si scopre che la ragione di questo collegamento sta nel fatto che il cuore era ritenuto in passato la sede della memoria. La narrazione dell’autrice esplicita questa derivazione, questa etimologia, meglio della Treccani o di un Accademico cruscato. Nei racconti non si ricorda per esercizio di memoria, si ricorda attraverso i coinvolgimenti emotivi, sia nei passaggi in cui i sentimenti sono esplicitati, sia in quelli nei quali l’autrice pare disegnare una cucina, una stanza, un ciocco nel camino o una bicicletta. C’è emozione nel suo tratteggio, a prescindere dall’ oggetto tratteggiato.

     Il ricordo è un po’ come il sogno: affascinante, ma parimenti evanescente; modellato dai tempi lunghi il primo e da quelli più brevi, quasi istantanei il secondo (simile a un Aleph?)

    Entrambi ci parlano di qualcosa che è accaduto; reale/onirico: dove sta il confine? Cecchetti non dà risposte ma quasi fosse una “Virgilia”, con funzioni aggiornate di psicopompo, ci guida, ci tiene per mano nei suoi ricordi e nei suoi sogni e li mette a disposizione del lettore, perché ognuno possa riconoscere in essi qualche pezzetto dei suoi.

     Ci mostra la sua intimità profonda, ma lo fa in modo garbato; non è esibizione sfacciata, ahimè così frequente. È racconto, è narrazione, e si srotola mentre percorre strade conosciute e nuove per ognuno di noi. La campagna e la città. Ognuna con i suoi ritmi che, uscendo dai luoghi comuni, pare quasi che si assomiglino, che vadano per mano, verso uno “skyline di pioppi” che ho amato in una sua poesia.

     I sogni e i ricordi, si sa, non sono mai puri, son sempre filtrati, interpretati, talvolta piegati dalle nostre sensibilità, per questo l’autrice non offre ricette interpretative, neppure sotto forma di suggerimenti. Ci fa vedere i suoi sogni e i suoi ricordi, offrendo semplicemente una comoda poltrona di osservazione o una rustica panca da camino di campagna: “Prego si accomodi, guardi insieme a me, nel caldo buono, queste quattro capriole di fumo”.


    

Nello scritto di Cecchetti i ricordi e i sogni si assomigliano, anche perché rimandano all’accaduto, lo collegano all’accadente e lo proiettano all’accadibile, ancorché non dichiarato. Sono incredibilmente scevri da giudizi, ma densissimi di sentimenti profondi che, qua e là, spingono a un’inaspettata contrazione dei dotti lacrimali.

     Sono tutti sfacciatamente belli, ma se ne dovessi scegliere uno non avrei dubbi: “Mamma”, l’esplosione di una parola che all’improvviso diventa epifania, pur essendo, forse, la parola che pronunciamo più volte nel corso della vita.

     Marisa ci regala bella scrittura, pulita, chiara e piacevole da seguire, ma soprattutto ci regala emozioni.

Grazie e alla prossima                                             

 

Marisa Cecchetti, Sono immagini dell’alba. Racconti, Giovane Holden Edizioni, Viareggio, 2021.

 

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