10 luglio 2022

" Quella mancanza che vale" di Massimo Capanni

 

di Elisa Bertoni

      Il romanzo si legge d'un fiato, perché le parole scevre da sofismi sono fatte della stessa sostanza del quotidiano con i suoi sentimenti allo stesso tempo grandi e semplici che caratterizzano la vita di ciascuno. Apprezzabili le brevi descrizioni intrise di lirismo che manifestano una vocazione poetica dell'autore, Massimo Capanni.

      Il titolo può sembrare un ossimoro: di per sé la mancanza richiama all'idea di una povertà, dunque ad una perdita di valore che toglie pienezza. Tuttavia, nello sviluppo del romanzo, dall'infanzia del protagonista Ettore fino al raggiungimento della sua stabilità familiare, si percepisce come proprio la mancanza è la grande molla per costruire una esistenza ricca, divenendo essa stessa il senso che spinge a progredire senza adagiarsi in sterili e accidiosi appagamenti che trasformano la vita degli uomini in soporifere prigioni antievolutive. Per certi aspetti questo ricorda il concetto platonico di Eros, figlio di Poros, che significa “abbondanza”, e di Penia, che rappresenta la “povertà”. Dunque questa condizione quasi paradossale di “una mancanza che vale” sembra essere la stessa essenza dell'amore, ambiguo per sua natura nella doppia faccia della gioia e del dolore, che non offre mai certezze ma che nello stesso tempo non ci fa rassegnare alla resa. Amore è infatti parola chiave del libro, nelle varie declinazioni in cui può essere colto: passione per la musica e per la vela, impegno e dedizione al lavoro, amicizia, amore di coppia, famiglia, filantropia come moto del cuore per aiutare gli ultimi del mondo.

       E' proprio dalla mancanza di una risposta che prende le mosse il libro: perché, conclusa la guerra, i soldati americani hanno lasciato in casa delle zie di Ettore un elmetto e un giavellotto? Risposta che pare non arrivare mai, lasciando il lettore in una aporia. Ma a pensarci bene l'elmetto e il giavellotto che alimentano la curiosità del protagonista bambino diventano i simboli dell'esistenza stessa: il mistero che non deve spegnere la lotta, l'elmetto elemento di difesa, il giavellotto di attacco, da interpretare come i due poli protezione ed azione, agnello e lupo, entro i quali ciascun individuo deve trovare il suo equilibrio in ogni fase della sua vita. Accettare la sfida anche quando non si capisce, non fare la vittima né trasformarsi in carnefice, il dovere di difendersi e quello di attaccare. L'armonia che si sviluppa grazie agli opposti.

       Non è un caso che le passioni descritte siano la musica e la vela: entrambe sono legate ad un'onda, quella del suono e quella del mare, rappresentando molto bene in questo moto fluttuante l'aspetto sinusoidale della vita, caratterizzata dai suoi alti e dai suoi bassi ma che non può essere letta se non nella sua completezza, nella musica che quegli alti e bassi comportano e nel viaggio compiuto sulla superficie increspata del mare.

       E come onde si muovono le emozioni che traspaiono in modo evidente tra le pagine, quasi che la scrittura fosse proprio lo strumento che ha permesso di liberarle lasciandole veleggiare fluenti non più compresse dall'esigenza di conformarsi in rigidi schemi che le soffocano. La freschezza talvolta ingenua dei sentimenti sembra proprio corrispondere allo stupore negli occhi di un adulto tornato bambino, che grazie a questa liberazione trova una sorta di rinascita personale, un nuovo modo di approcciare il mondo.

      Ettore ha il suo specchio femminile in Java, l'altra protagonista del romanzo. Pur nella diversità un filo sembra misteriosamente legare le loro esistenze: dallo stupore infantile della nudità, all'esibita antipatia dell'adolescenza, dalla crisi e dai dolori, al ristabilimento di una solida unione che della differenza e della sofferenza ha saputo far tesoro, costruendo un giardino di prosperità condivisa.

       Importanti nel libro sono anche i luoghi che testimoniano un inesausto desiderio di conoscenza attraverso il viaggio. Talvolta costituiscono quasi un'opposizione: il paese natale, attorniato dai monti quasi fossero una protezione naturale che lo rende più intimo, uno spazio sacro in cui i rapporti sono più genuini basati sulla serenità delle cose semplici, si contrappone alla città del Nord, luogo degli affanni e delle preoccupazioni che turbano l'anima di Ettore. E poi ci sono l'isola d'Elba e le isolette della Grecia, che nell'incontro con il mare inducono ad un'immersione nella propria contraddittoria interiorità, e l'Africa, lo spettacolo della natura che si spalanca allo sguardo dei turisti ma che crea voragini anche nell'anima che si dilata, anch'essa, ad abbracciare quell'umanità indifesa che interpella la coscienza di tutti.

       La mancanza vale? Al termine della lettura, se avessimo avuto dei dubbi, ne troviamo piena conferma. Del resto non è forse dalla mancanza dell'amato che arriviamo a comprendere anche la verità del sentimento? Non stupiamoci, dunque, se, come ha detto qualcuno, “la mancanza è la più forte presenza che si possa sentire”.

Massimo Capanni. La mancanza che vale. TralerigheLibri.  

Nessun commento: