15 luglio 2022

"Una vita vissuta" di Mauro di Prete

 

  La preziosa testimonianza

di Luciano Luciani

        Non ne ho mai fatto parte, perché al tempo degli eroici furori, quando si trattò di scegliere in quale direzione indirizzare passioni, rabbie e voglie di cambiare il mondo, optai, anche per rispetto alla tradizione familiare, per l’usato sicuro del Pci berlingueriano…

        Però, per Lotta Continua e i suoi militanti ho sempre nutrito una particolare simpatia, non prive di una punta, e anche qualcosa di più, d’ammirazione. Mi piaceva la loro imperterrita radicalità, la pratica coerente della propaganda del fatto, la presenza, indiscutibile, tra le loro file di proletari e sottoproletari veri e la loro capacità di aprirsi, trovando anche linguaggi nuovi, a sempre nuove categorie di sfruttati: dagli operai di linea del nord ai pescatori del sud, dai proletari in divisa delle caserme ai dannati delle terra che languivano nelle carceri… 

       Mi attirava, anche, il loro giornale “Lotta Continua”, diretto da firme prestigiose – da Pio Baldelli, a Roberto Roversi, da Pier Paolo Pasolini ad Alexander Langer -  e capace di titoli ironici, incisivi, mobilitanti, talora poetici. Sì, in non poche occasioni mi sono dispiaciuto di non condividere con loro, con i militanti di Elleci, obbiettivi, slogan e pratiche politiche, ma tant’è.

       Quelle vicende, quei protagonisti, lontani ormai più o meno mezzo secolo, mi sono stati restituiti recentemente con pienezza di luci, ombre e contorni da una piccola pubblicazione, settanta pagine con qualche foto, a firma Mauro di Prete, titolo Una vita vissuta, stampato evidentemente alla macchia perché privo di qualsiasi indicazione editoriale a partire dal prezzo di copertina: “È a offerta libera” m’ha detto Paola, l’edicolante sul cui bancone mi sono imbattuto nel libretto. 

        Dentro, una “storia di vita” che inizia così, dura: “Sono nato a Pisa, in piazza della Pera. Mia madre lavorava all’ospedale, mio padre in quel periodo era in Germania, nella Ruhr, a lavorare nelle miniere di carbone. Sono nato il 25 settembre 1936” (p. 11). Percorre, Mauro, tutte le tappe del cursus honorum di un proletario toscano dell’immediato, durissimo, dopoguerra: famiglia impegnata allo spasimo a coniugare sopravvivenza e dignità; scuola poca, lavori molti, in Italia e in Europa, sempre precari, però, e maltrattati; simpatie politiche e sindacali, almeno fino ai trent’anni, orientate a sinistra, ma prive di particolari entusiasmi: dentro una rabbia montante contro lo stato di cose presenti da cambiare e presto, inventando nuovi strumenti di partecipazione alla politica e alla lotta sindacale… 

       Intanto, tutt’attorno accadevano cose straordinarie: per esempio, l’eccezionale crescita dell’economia italiana che registrava incrementi senza precedenti nei livelli d’occupazione, nei consumi interni, nelle esportazioni. Nuove laceranti ingiustizie si aggiungevano alle antiche e rendevano intollerabile, soprattutto alle giovani generazioni, un modello economico, sociale e culturale iniquo e autoritario: è il capitalismo, bellezza! 

       Per Mauro e migliaia e migliaia di giovani, come e più di lui, il comunismo si propose come l’orizzonte necessario e per lui e tanti altri si aprì la stagione – gioie e dolori, onori e oneri – della militanza politico-sindacale a sinistra del Pci: il Potere operaio pisano prima, Lotta Continua a Torino poi, quindi a Milano. Con l’Autore di queste pagine sempre dirigente naturale e carismatico in una lunghissima sequela di situazioni di movimento e di lotta, capace di trattare ora con gli esponenti più in vista dell’intellighenzia italiana di quegli anni, ora con l’operaio o il disoccupato o il detenuto…

       Ma anche il lungo ’68 italiano volgeva al termine. Di Prete racconta così quel crepuscolo velenoso: “Poi nel ’76 Lotta Continua, in un congresso a Rimini si sciolse. Con tutti casini che erano nati, con il femminismo. Che era il male minore… Il male peggiore, invece, era la lotta armata, Prima Linea, le Brigate Rosse. Tantissimi di Lotta Continua entrarono a far parte di queste organizzazioni armate, per cui c’è stato un periodo che la posizione di Lotta Continua era di dire “compagni che sbagliano”, poi “né con lo Stato, né con le Br. Posizioni da cani, equivoche…” (p. 49).

       E poi? Dopo cosa è successo? Morto un sogno, cosa ne è stato dei sognatori? L’autore ce lo racconta intrecciando i suoi ricordi, pubblici e privati, e le sue parole con quelli della moglie Isabella, militante genovese di Lotta Continua conosciuta a Milano alla metà degli anni Settanta. Un tempo lontano: da ripensare senza rabbia nelle ragioni della sconfitta e alla ricerca dei modi per riconvertirlo, quel fallimento, in una socialità da sviluppare secondo modi nuovi e originali: esperienze di commercio equo e solidale, microcredito, gruppi d’acquisto, produttori e artigiani, mercati contadini…      Consapevoli che “ogni cambiamento introduce mutamenti molecolari nelle esistenze di tutti. Essi penetrano nel costume, nella mentalità e, una volta acquisiti, difficilmente si perdono” (Canfora). Insomma, compagni, pazienza e ironia. Tanta 

Mauro Di Prete, Una vita vissuta, prefazione di Stefano Gallo, pp. 70, snp. Da cercare in rete o nei mercatini del Commercio equo e solidale.

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