25 novembre 2022

"Casco d'oro" di Jacques Becker

 

        

di Mimmo Mastrangelo

        La critica italiana ci vide bene. Fu una delle rare  volte che un film veniva accolto meglio da noi che in Francia.  L’uscita nelle sale d’Oltralpe  di Casco d’oro( 1952)  fu una debacle,  il film di Jacques Becker (1906-1960) venne senza misure massacrato perché ritenuto volgare, successivamente ci si accorse dell’ errore di valutazione grazie  ad Andrè Bazin e alla  pattuglia dei “suoi giovani critici d’assalto”  dei Cahiers du cinema.   

       Oltre ad essere, insieme a Il buco (1960), la  vetta della filmografia del regista parigino, possiamo tutti concordare che la pellicola è una delle storie d’amore più belle e tragiche viste sul grande schermo dal secondo dopoguerra ad oggi. 

        Tornato da qualche giorno nei circuiti delle sale sotto il patrocinio della Cineteca di Bologna e in una versione restaurata, Casco d’oro  è un esercizio  di regia di alta classe,  un film ricco di toni e risvolti impeccabili che, come pochi, segnerà l’aggancio del cinéma classique  alla nouvelle vague

        Per non dire poi dei due interpreti principali: la carismatica e debordante Simone Signoret e il deciso Serge Reggiani, entrambi  incarnano con estrema spigliatezza i loro non facili personaggi. 

        Ispiratosi ad un fatto di cronaca accaduto alla fine dell’ottocento e alla  vita della nota prostituta-eroina  Amélie Hélie  (a cui, anche grazie alla performance filmica della Signoret, è stato dedicato in un giardino di Parigi un pannello commemorativo), Becker  sembra che dia vita ad un racconto  uscito dalla penna di Maupassant: l’ amore folle tra la prostituta Maria (Signoret) e un falegname (Reggiani)  con un passato da fuorilegge  finisce lacerato in una Parigi malavitosa. 

       Casque d’or, questo il titolo originale, è uno specchio per conoscere o riscoprire  la versatile artigianalità di Becker dietro la macchina da presa, la sua abilità  nel saper coniugare un figurativismo per nulla dozzinale ad  un asciutto  realismo che, implacabile,  si attesta soprattutto nelle ultime sequenze con la messa alla ghigliottina del protagonista. 

        A conferma di quanto i critici-registi della nouvelle vague presero a cuore il lavoro di Becker, François Truffaut in uno scritto del  1965 acclamerà  Casco d’oro in un film di personaggi e di altissimo risultato plastico, <<ora divertente, ora tragico, prova infine che, attraverso l’uso raffinato dei cambiamenti di tono, si può andare oltre la parodia, guardare un passato pittoresco e insanguinato e poi resuscitarlo con tenerezza e violenza>>.     

       Per la sua magistrale interpretazione Simone Signoret venne premiata in Inghilterra dalla British Academy of Film and Television Arts  come migliore attrice in un’opera straniera. 

      Ma, di certo, tra le altre componenti  che fanno del lavoro di Jacques Becker un capolavoro (l’etichetta stavolta c’azzecca senza riserva)   troviamo le  note incantevoli de  Le tempe des cerises, la canzone dei comunardi il cui testo fu scritto dal musicista ed illustre  esponente  del genere goguette Jean Baptiste Clément.

 

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