di Mimmo Mastrangelo
La critica italiana ci vide bene. Fu una delle rare volte che un film veniva accolto meglio da noi che in Francia. L’uscita nelle sale d’Oltralpe di Casco d’oro( 1952) fu una debacle, il film di Jacques Becker (1906-1960) venne senza misure massacrato perché ritenuto volgare, successivamente ci si accorse dell’ errore di valutazione grazie ad Andrè Bazin e alla pattuglia dei “suoi giovani critici d’assalto” dei Cahiers du cinema.
Oltre ad essere, insieme a Il buco (1960), la vetta della filmografia del regista parigino, possiamo tutti concordare che la pellicola è una delle storie d’amore più belle e tragiche viste sul grande schermo dal secondo dopoguerra ad oggi.
Tornato da qualche giorno nei circuiti delle sale sotto il patrocinio della Cineteca di Bologna e in una versione restaurata, Casco d’oro è un esercizio di regia di alta classe, un film ricco di toni e risvolti impeccabili che, come pochi, segnerà l’aggancio del cinéma classique alla nouvelle vague.
Per non dire poi dei due interpreti principali: la carismatica e debordante Simone Signoret e il deciso Serge Reggiani, entrambi incarnano con estrema spigliatezza i loro non facili personaggi.
Ispiratosi ad un fatto di cronaca accaduto alla fine dell’ottocento e alla vita della nota prostituta-eroina Amélie Hélie (a cui, anche grazie alla performance filmica della Signoret, è stato dedicato in un giardino di Parigi un pannello commemorativo), Becker sembra che dia vita ad un racconto uscito dalla penna di Maupassant: l’ amore folle tra la prostituta Maria (Signoret) e un falegname (Reggiani) con un passato da fuorilegge finisce lacerato in una Parigi malavitosa.
Casque d’or, questo il titolo originale, è uno specchio per conoscere o riscoprire la versatile artigianalità di Becker dietro la macchina da presa, la sua abilità nel saper coniugare un figurativismo per nulla dozzinale ad un asciutto realismo che, implacabile, si attesta soprattutto nelle ultime sequenze con la messa alla ghigliottina del protagonista.
A conferma di quanto i
critici-registi della nouvelle vague presero a cuore il lavoro di Becker,
François Truffaut in uno scritto del 1965 acclamerà Casco d’oro in un film di personaggi e
di altissimo risultato plastico, <<ora divertente, ora tragico, prova
infine che, attraverso l’uso raffinato dei cambiamenti di tono, si può andare
oltre la parodia, guardare un passato pittoresco e insanguinato e poi
resuscitarlo con tenerezza e violenza>>.
Per la sua magistrale interpretazione Simone Signoret venne premiata in Inghilterra dalla British Academy of Film and Television Arts come migliore attrice in un’opera straniera.
Ma, di certo, tra le altre componenti che fanno del lavoro di Jacques Becker un capolavoro (l’etichetta stavolta c’azzecca senza riserva) troviamo le note incantevoli de Le tempe des cerises, la canzone dei comunardi il cui testo fu scritto dal musicista ed illustre esponente del genere goguette Jean Baptiste Clément.
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