02 marzo 2023

"Il bikini di Sylvia Plath" di Giada Biaggi

 di Marigabri

«Avevo letto un articolo sul Guardian scritto da una columnist femminista che criticava il fatto che su una riedizione delle lettere di Sylvia Plath ci fosse una sua fotografia in bikini. Quello che dovremmo capire è che l'autrice che ha messo il bikini in spiaggia è la stessa che ha scritto quel libro totale che è La campana di vetro e che è la stessa che ha messo la testa nel forno, non c'è nessuna contraddizione: puoi essere una ragazza che si fa le unghie e che sa parlare di Hegel» (da una intervista a Giada Biaggi)

         Commentare questo libro non è facile. Innanzitutto perché si tratta di un romanzo generazionale e la generazione non è certo la mia. Poi perché descrive un ambiente particolare: quello della Milano borghese colta e pop, post radical chic o non saprei come altro definirla.

        Un ambiente che si esprime con sovrabbondanza di citazioni culturali, soprattutto riferite a una certa produzione artistica contemporanea di nicchia a me pressoché ignota. E infine leggendo ho dovuto googlare parecchio perché:

1. termini per me un po’ aberranti come googlare -appunto- e cioè swappare, unfolloware, screenshottare, matchare ecc sono disinvoltamente usati come patrimonio linguistico acquisito dalla popolazione social (a cui appartengo ben poco e solo tangenzialmente);

2. tutti gli anglicismi che si utilizzano al posto o nel vuoto dei corrispondenti italiani non mi sono chiari (a parte i consueti producer, designer, influencer o videomaker di cui ho un’idea, cosa si intende per reebot, top-coat, touchdown, rehab, caption, hype, eccetera eccetera?

N.B.: la disseminazione di tutte queste parole è spesso usata in chiave ironica, o meglio satirica, per fare il verso allo snobismo di certi ambienti e di certi personaggi, quelli che se la tirano, per intenderci, ma la mia impressione è che il linguaggio diffuso e predominante sia questo e basta.

3. non avevo mai sentito nominare una serie di personaggi appartenenti a un universo artistico e culturale (?) che mi è sconosciuto. Immagino che voi sappiate chi sono Pamela Des Barres, Sophie Calle, Xavier Dolan, Carsten Höller, Félix González-Torres, Devendra Banhart, Florence Welch (al massimo so chi è Rachel), Spike Jonze e così via. Io no (e non ne so molto nemmeno adesso, a dire il vero).

      


Detto questo, l’esordio di Giada Biaggi non mi è dispiaciuto, anche se forse non sono in grado di apprezzarlo come chi appartiene alla sua generazione. Eppure la narratrice e protagonista della storia, la giovane Eva, ventisettenne attraente, sensuale, bionda e -guarda un po’- pure intelligente, assomiglia per certi versi a tutte le donne delle generazioni precedenti perché anche lei è il frutto di una millenaria cultura maschilista e paternalista.

       A maggior ragione quando l’esemplare maschio di cui si innamora è il tipico rappresentante di un nuovo “paternalismo negazionista”, ovvero di quella tipologia di uomo che si proclama emancipato e femminista, ma che in realtà è sempre il solito manipolatore coatto e sfruttatore plateale di ragazze sotto mentite spoglie, cioè quelle che assumono la maschera della ‘complessità’: per abbagliare, imbrogliare e usare il corpo femminile a proprio (com)piacimento.

“Una persona che nella vita vera non mi aveva mai attratto nel suo essere un cumulo di cliché era diventato all’improvviso il mio centro gravitazionale. Come era potuto succedere?”

        E infatti la colta e arguta Eva, proprio come una ingenua contadina dell’Ottocento cade nella trappola, complici i potenti mezzi social che permettono di praticare sexting online evitando accuratamente il contatto diretto tra i partner e mantenendo tuttavia la potente illusione della reciprocità.

       Il racconto della linguisticamente esuberante Giada Biaggi (Walter Siti la nomina erede di Arbasino e Gadda, addirittura) è centrato soprattutto sui pensieri, le sensazioni e le vertiginose liste di Eva, sulla sua devastante dipendenza da sesso e cocaina (e cultura), sulla sua famiglia disfunzionale, sulle sue illusioni e allucinazioni, mentre il mondo fasullo che le ruota intorno è sottoposto a un implacabile setaccio critico dallo humor caustico dell’autrice.

       Personaggio interessante, dunque (lei e la sua Eva), essendo la ragazza una filosofa, una stand-up comedian (cercate su Google), una sceneggiatrice, una blogger e pure collaboratrice di varie riviste.

       Insomma. Un nuovo femminismo si aggira per l’Europa. Speriamo che acquisti maggiore consistenza del solito spettro che noi boomer abbiamo già conosciuto.

 Giada Biaggi.Il bikini di Sylvia Plath. Nottetempo. Euro 16,00

Nessun commento: