19 marzo 2023

"Se piovessero stelle su questo deserto" di Javier Zamora

 

di Giulietta Isola

“Questo libro è per ogni migrante che ha crossato, che ci ha provato, che lo sta facendo in questo momento e che continuerà a provarci.”

        L’intenso memoir del poeta ed attivista salvadoregno Javier Zamora, è una “autobiografia” del confine raccontata a molti anni di distanza. 

        Javier è stato un piccolo migrante che ha dovuto diventare grande troppo in fretta. E’ nato in una piccola città nel 1990 durante la guerra civile ,suo padre fugge negli Stati Uniti nel 1991, seguito da sua madre che lo affida , a soli cinque anni, alle amorevoli cure dei nonni e delle zie. All’età di 9 anni i genitori gli chiedono di raggiungerli in California, il piccolo Javier con molta paura, ma un certo ardore, inizia il viaggio da solo. Per sette settimane si muove tra El Salvador egli Stati Uniti affidato ai coyotes, trafficanti di migranti messicani, sparisce agli occhi dei suoi cari e prova da solo e con l’aiuto di persone sconosciute a conquistare il suo personale confine. 

        Sette settimane di viaggio che Zamora racconta giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto come uno che non può permettersi di dimenticare, il confine è una linea che lo abita e un nastro di filo spinato in cui rimangono impigliati i sogni ed i desideri. Il confine è un deserto di notte, un mare tempestoso, un muro da scavalcare, ma è soprattutto un nome, un’identità, un’appartenenza da rinegoziare con sé stessi e Javier, come attraverso una lunghissima seduta psicoanalitica, arriva nel luogo agognato per la seconda volta attraverso le pagine di questo libro. E’ stato un minore non accompagnato in cerca di una patria, come il molti che arrivano da noi. E’ solo, si unisce ad un gruppo di adulti e bambini che si spostano verso nord e lo aiutano nel suo percorso iniziatico, da loro riceve sostegno e consigli. Impara a leggere il linguaggio della luna e delle stelle, a dire bugie per non farsi scoprire come straniero, impara una lingua fatta di poche parole necessarie per afferrare finalmente un’altra identità. 

        Zamora crea una lingua mista che unisce inglese, spagnolo, modi di dire locali, una lingua che incanta per il suo grande potere immaginifico, una lingua fatta di parole magiche come crossar, ovvero attraversare la linea invisibile che separa due mondi, passare dall’altro lato per ricongiungersi ai propri genitori e in definitiva a sé stesso. Javier deve ricostruire il nido famigliare, superare quella linea che taglia in due gli affetti. Nella sua cittadina nonni, zie, cugini hanno cercato di non fargli rimpiangere troppo l’assenza dei genitori, ma una volta in viaggio la sua famiglia sono persone come Carla, Patricia, Chino, con loro condividerà un’avventura paurosa ed emozionante , il cui punto di arrivo si avvicina e si allontana ripetutamente come in sogno o in un gioco in cui basta sbagliare una mossa per essere ricacciato indietro. Javier detto Chepito, sparisce dalla storia e dalla geografia per sette settimane, nessuno ha più notizie di lui né in El Salvador né negli Stati Uniti, è un clandestino che non ha diritti perché non è nessuno, un fantasma in cerca di una casa. 

        Vorrei che chi è costretto a lasciare la propria terra possa accedere a una qualche forma di status legale nel luogo di accoglienza, che non debba vivere nell’ombra, che abbia diritto ad avere diritti. La migrazione non riguarda solo i trecento milioni di migranti. È la grande sfida di questo tempo. Se non le diamo una risposta umana, falliamo come singoli e come società. 

       Libro preciso ed acuminato, profondamente umano.

SE PIOVESSERO STELLE SU QUESTO DESERTO DI JAVIER ZAMORA EDIZIONI UTET

 

 

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