10 marzo 2024

"Amare Volterra senza retorica" di Daniele Luti

 

Monte Voltraio

      
... C'è un'altra cosa che ho imparato da Carlo: ad amare Volterra senza retorica, senza ridicole dichiarazioni di orgoglio (nascere in un luogo non è mai merito nostro, ma di chi ci ha concepito). Amarla avendola capita, letta come un libro raro, e quindi considerata, valutata, rispettata. Amarla sentendosi dentro i suoi modi di essere, la sua storia, abitandone la "lingua", i modi di dire, l'aneddotica, cogliendone le peculiarità. 

      Una Volterra quindi diversa a seconda della sensibilità, cultura, amore. Una Volterra per ogni volterrano. La mia è il colle di San Martino, il Poggio alla Rocca (monte Voltraio), i borghi della periferia, la campagna primaverile, dai verdi pastello, smaltati, lucidi e quella estiva assolata, bruciata, fattasi mobilissima quando le lucciole, imitando la volta del cielo notturna, bucano il buio con i loro respiri di luce. 

      In ogni fase della mia vita, da quando ho dovuto (per le occasioni che mi hanno scelto) vivere altrove, mi hanno sempre visitato i ricordi e con essi i volti degli amici, dei miei cari così come li ho visti in quella che considero la mia età più bella, quella della fanciullezza, delle scuole elementari, del mio slalomare tra le strade di borgo Sant'Alessandro, oltre le peschiere del Pino, verso i cappuccini o dello zigzagare attraverso i poderi che, passando dalle "corte", si trovavano sulla strada, disegnata in funzione del terreno, che va verso la Bacchettona. 


       Ci sono delle mattine invernali qui, a Lucca, nel quartiere dove abito, in cui si crea un silenzio antico, ovattato che mi porta lontano nel tempo, lontano da qui. A Volterra, a casa mia quando i rumori nitidi, l'abbaiare lontano di un cane, l'aria vibridata mi dicevano che nottetempo era caduta la neve. Dalla finestra della mia camera, attraverso le "lamelle"delle persiane, vedevo le forme delle piante dell'orto, i cardoni, i cespugli, il roveto delle more, arrotondati, nubigeni per la benedizione della nevicata. Mi sarebbe piaciuto uscire subito. Dovevo aspettare, però, per vivere l'allegria elettrizzata dei compagni di scuola, le pallate lungo la rampa della croce e sul piazzale antistante la nostra scuola, a due passi dalla Chiesa nel cuore del borgo.

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