di Giancarlo Beriola
Penso si possa dire che il
potere esercitato nel tempo dal maschio sia stato ed è la cosa più perniciosa
per il mondo intero. Questo potere che definiamo patriarcato ha ottenuto la conquista
dei corpi e delle menti e indotto il genere umano a ritenere che non possa
esistere un’altra strada, un altro modo per convivere (si tenga presente che
forme diverse di convivenza - sparse nel mondo a macchia di leopardo - sono
esistite ed esistono tuttora). Il
patriarcato - per mezzo delle religioni, del potere politico, dell’arte e,
negli ultimi due secoli, del capitalismo - massifica il pensiero sia di maschi
che di femmine, impregnando la nostra cultura. In quanto sottomesse, le donne
hanno dovuto difendersi dal sopruso maschile con lotte - individuali e di
gruppo - che nel secolo scorso hanno dato risultati confortanti.
Tuttavia esiste un “difetto” di lettura della realtà sociale da parte delle femministe: perché il femminismo combatte il maschio anziché aiutarlo per sconfiggere insieme il patriarcato? Questo è quanto si chiede Bell Hooks nel suo saggio “La volontà di cambiare - Mascolinità e amore”.
Gli uomini non sono abituati a esprimere i loro sentimenti: “L’infelicità degli uomini nei loro rapporti, il dolore che provano per il fallimento dell’amore, nella nostra società passa spesso inosservato proprio perché in realtà alla cultura patriarcale non importa se gli uomini sono infelici. [...] I costumi patriarcali impongono una sorta di stoicismo in base al quale sono più virili se non provano sentimenti ma, se per caso dovessero provarli e quei sentimenti li ferissero, l’unica reazione virile sarebbe soffocarli, dimenticarli, sperare che spariscano.” Tuttavia c’è una emozione ”che il patriarcato apprezza quando è espressa dagli uomini: la rabbia. I veri uomini si arrabbiano. E la loro collera, anche se è aggressiva e violenta, è considerata naturale, un’espressione positiva della mascolinità patriarcale. Per chiunque cerchi di nascondere il dolore o l’angoscia, la rabbia è il rifugio migliore.” Con queste premesse l’idea che da sole le donne possano scofiggere il patriarcato è illusoria perché fino a quando l’uomo non capirà che il patriarcato lo opprime e quindi inizi a combatterlo, sia gli uomini che le donne ne resteranno succubi e il patriarcato continuerà a seminare le sue “trappole” di libertà.
“Nel nostro Paese, il patriarcato è il disagio sociale più pericoloso per il corpo e lo spirito maschile”, eppure, dice la Hooks, la maggior parte degli uomini non usa la parola patriarcato; quando ne sentono parlare ritengono che abbia a che fare con il femminismo e quindi non ha niente a che vedere con loro ignorando un aspetto importante del sistema politico che plasma e condiziona l’identità di sè degli uomini dalla nascita alla morte.”Uso spesso l’espressione patriarcato capitalista suprematista bianco imperialista per descrivere l’interconnessione tra i sistemi che sono alla base della politica in America. Di questi sistemi, quello sul quale tutti impariamo di più crescendo è il patriarcato perché i ruoli di genere patriarcali ci vengono assegnati da bambini e ci viene continuamente ribadito come possiamo svolgere al meglio questi ruoli.” E’ palese che la trasmissione di questo sistema ha come base la famiglia (anche la più “aperta”) rafforzato poi dalla scuola, dalle istituzioni religiose, dai mass media, come pure”in famiglie con capofamiglia donne [che] sostengono e promuovono il pensiero patriarcale, contrariamente a quanto si possa ritenere, data l’assenza del maschio”.
Il libro della Hooks si compone di undici capitoli (Capire il
patriarcato, Fermare la violenza maschile, La virilità femminista, ecc.) che
rappresentano le angolazioni da cui analizzare il patriarcato nelle sue diverse
sfaccettature. In ogni capitolo l’autrice ribadisce che tutti hanno bisogno di
amare ed essere amati: “Un tempo le donne credevano che gli uomini le
avrebbero rispettate di più se avessero
dimostrato di essere loro pari [ma] gli uomini negano alle donne il loro
rispetto. [...] L’amore che le
donne cercano nelle relazioni con gli uomini è basato sulla reciprocità. La
reciprocità è diversa dall’uguaglianza.” Anche in un mondo in cui la
disuguaglianza di genere è accettata il dominio del maschio inficia l’amore:“L’amore
non può coesistere con il dominio. L’amore può esistere anche in circostanze in
cui l’uguaglianza non è la norma. La disuguaglianza, di per sé, non genera il
dominio.”
La volontà di cambiare - Mascolinità e amore di Bell Hooks - ed. Il Saggiatore, pagg. 199, euro 19,00
Bel Hooks (Hopkinsville,
1952 - Berea, 2021), pseudonimo di Gloria Jean Watkins, docente universitaria e
scrittrice è stata pioniera e icona del pensiero femminista. Il focus della sua
scrittura è stato l’intersezionalità di razza, capitalismo, genere e la loro
capacità di produrre sistemi di oppressione e di dominio di classe. Ha
pubblicato 30 libri e numerosi articoli accademici; attraverso una prospettiva
postmoderna ha affrontato problemi di classe e genere nell’istruzione,
nell’arte, nella sessualità, nel femminismo.
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