17 ottobre 2014

“La tomba e la donna” foto di James Nachtwey





di Gianni Quilici

Una foto può essere costruita, cioè preparata, confezionata, recitata.
La bellezza e forse la più autentica specificità della fotografia è essere là dove c’è il fatto, l’evento e coglierlo. Come racconto o come scatto che meglio lo simbolizzi…

James Nachtwey è il più famoso e forse più significativo fotografo di guerra e dintorni. Alcune delle sue foto sono così terribili, che sono (per me) inguardabili e forse discutibili.
E tuttavia, oltre ad essere un fotoreporter che ha rischiato la vita tante volte, è uno di quei fotografi, che meglio ha rappresentato la seconda metà del ‘900 del nostro Pianeta.

Prendiamo questa foto.
E’ una foto poetica, di una poesia minimalista.
Poteva farla chiunque?

Intanto bisognava esserci, come scrivevo prima.
In secondo luogo cogliere, come Nachtwey ha colto, la donna inginocchiata e raccolta proprio nel momento in cui ha poggiato la mano sulla tomba, una nuda pietra.   
Infine non dare, come Nachtwey non ha dato, altro orizzonte all’immagine, se non le tombe, perché non ci fosse altro elemento che potesse deconcentrare lo sguardo da questo.

Perché la poesia, il punctum barthesiano, nasce da questo rapporto: la donna con il burka di una paradossale bellezza quasi classica, che la manifesta tuttavia senza volto, anonima, a sottolineare una condizione di schiavitù; e la tomba che racchiude questo dolore con la nuda desolazione del luogo di povere pietre, rendendo ancora più diretto e forse più vero, senza fronzoli, il rapporto tra il corpo vivente della donna ( e di noi che guardiamo) e la materia… la pietra nuda, la terra secca.

James Nachtwey. Donna piange una vittima di un attacco missilistico. Kabul 1996.

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