08 ottobre 2014

“Marinella Lazzarini: un’amica” di Gianni Quilici





                 foto di Gianni Quilici
Marinella Lazzarini era un’amica.
Un’amica più pubblica che privata.
Ci si vedeva soprattutto nei cortei, nei momenti di discussione all’interno dei vari movimenti che hanno attraversato Lucca dalla fine degli anni ’60 ad oggi. Ci siamo frequentati molto in “Luna Nuova”, forse il più significativo giornale che la sinistra abbia realizzato a Lucca. E ci siamo incontrati per caso, nelle vie e nelle piazze della città,  abbiamo parlato di Mozart e di letteratura, del comunismo e di adolescenza, di scuola e del dover essere.

Marinella ha lasciato una traccia profonda nei molti che l’hanno conosciuta.
Perché?
Primo: stava dalla parte degli umili, degli offesi, dei più deboli e da lì valutava il mondo. Perché aveva un fortissimo senso della giustizia. Era visceralmente contro ogni forma di violenza, di sopraffazione, di ineguaglianza. Da lì la sua presenza, a partire dal ’68, nel movimento studentesco e operaio, nel movimento delle donne ( credo sia stata la “femminista” per antonomasia a Lucca), nel movimento pacifista e per i diritti, nelle manifestazioni in difesa della Costituzione e della democrazia.

Secondo: questo senso della giustizia era legato ad un desiderio fortissimo di libertà personale e collettiva. Ricordo una delle ultime volte in cui l’ho incontrata, un dibattito sul ’68, ai miei occhi un’occasione mancata, in cui mi piacque molto la sua testimonianza. Raccontò il suo rapporto con il ’68 come rivolta anche verso la famiglia; una famiglia, che tuttavia adorava e ha continuato ad adorare,  Nella Rugani, la mamma,  Marino Lazzarini, il padre, che tanto bene hanno “seminato”  per la società lucchese.

Terzo: questa scelta di libertà la esprimeva anche con un senso teatrale della vita. La vita per Marinella era incontro,  espansione di sé con gli altri, possibilmente gioiosa. Stare con lei era piacevole. Sapeva raccontare e ascoltare, interagire e divertire anche.

Quarto: Marinella era poi un’intellettuale. Una donna che leggeva, si informava, elaborava, scriveva. Ha pubblicato un libro importante 2420: Nuska Hoffman” (EDL) in cui ricostruisce la vita di Nuska, un’ebrea polacca, che era riuscita a sopravvivere ai campi di concentramento. Ed è nell’esperienza di  Luna Nuova, durata alcuni anni, che ho potuto verificare la radicalità del suo pensiero insieme ad un’attitudine pedagogica, le capacità espressive e quelle di suscitare consenso, la responsabilità verso gli impegni che si prendeva insieme ad una grande generosità, che chi le è stato vicino avrà avuto modo di vivere più di quanto abbia potuto il sottoscritto.

Infine:  c’è poi quello che non ho vissuto con lei. Le zone più intime, più segrete. Quelle che richiamano il mistero dell’essere e dell’esistenza.    

    



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