IL POETA MINATORE
di
Vianca Tancio Quinzon
“Il poeta è come un
minatore che scava in profondità fino a che non trova un fondo nel proprio Io,
che è comune in tutti gli uomini. Scopre
gli altri in se stesso” diceva Giorgio Caproni.
Quando ho cominciato a
scrivere di John Berger non sapevo nemmeno da dove iniziare, tanta è la sua
poliedricità, ma ecco che d’un sol fiato Giorgio Caproni è riuscito a
descriverne il carattere più essenziale. Ora so da dove cominciare.
È stato un viaggio, un
cammino che tutt’ora sto percorrendo al fianco della sua poesia, alla ricerca
di un’espressione, di un’ispirazione, di uno spazio creativo.
John Berger ha ridefinito
il mio spazio reale, piantandomi per terra e staccando un paio di piume dalle
ali della mia speculazione. Mi ha fatto vedere la falce che taglia il grano,
provare le ore eterne in una fabbrica, ascoltare il sussurro dell’acqua nei
campi, sentire il dolore di una partenza, dell’assenza.
Mi riferisco, in
particolare, alla raccolta di poesie “Il fuoco dello sguardo”, curata e tradotta
da Riccardo Duranti, e pubblicata nel maggio 2015, dalla sua stessa casa
editrice “Coazinzola Press”. John Berger ha sempre scritto poesie che però
erano rimaste sparse fra i suoi saggi, romanzi, racconti ed ora per la prima
volta si trovano unite in un'unica raccolta organica e compatta scoprendolo
essere un poeta, ruolo con il quale non ha mai voluto identificarsi.
Le poesie sono divise ed
organizzate in cinque sezioni: Parole (“Words”), La Storia (“History”),
Emigrazione (“Emigration”), Luoghi (“Places”) e L’amore mio (“My love”).
Questa suddivisione pone
chiare linee guida alla lettura, rendendola più scorrevole e comprensibile.
John Berger, infatti, è
piuttosto un poeta - minatore che scava nei posti più remoti, un artigiano che
plasma la materia con maestria.
John Berger è un artista
che scandaglia a fondo le capacità umane di penetrare nella realtà con pensiero
apparentemente pacato ed immobile, ma agile e dinamico nel suo esplicarsi.
Il suo è uno sguardo che
non si ferma sulla superficie, ma scava in profondità, brucia le parti inutili
e ne scova l’essenziale. Un occhio sensibile alle variazioni di colore, attento
e vigile ad ogni movimento. Un occhio indagatore che scruta e si nasconde senza
voler cambiare il fatto, lasciandolo essere.
Non è un caso il titolo in
copertina, “Il fuoco dello sguardo”, che allude alla sua abilità di
osservatore.
Non usa filtri di nessun
tipo, nessuna pretesa di censurare il diverso, l’inusuale, il bizzarro ma
racconta liberamente della storia, della vita, della natura, dell’amore, della
guerra…
Sono
nato dallo sguardo dei morti
fasciato
nell’iprite
e
allattato in una trincea
(Autoritratto 1914-1918 -
da "Il fuoco dello sguardo)
L’esperienza è una parola
chiave della sua poesia, che è sobria, asciutta, essenziale, vera. Le parole di
cui si serve sono misurate, osate e dirette senza troppi preamboli, perifrasi.
I versi sono semplici ed incisivi, liberi si aggrappano sulla pagina e nulla è
lasciato al caso.
La metafora del minatore
pare la più appropriata a caratterizzarlo e se proprio dobbiamo risparmiare
sulla parola, come consiglia Giorgio Caproni, basterà rivolgere lo sguardo in
quella miniera per trovarlo alle prese con rocce, pietre e minerali di vario
genere.
Leggendo i versi bergeriani
mi sembra di riuscire a scorgerlo avere tra le mani pezzi di mondo scrostati,
spigolosi ammassi di roccia, filamenti penzolanti di radici, poi subito
ricompattati e plasmati con la semplicità di uno sguardo.
John Berger non ha paura di
osare.
Nelle
lontane ombre dell’alba
sul
lato occidentale degli alberi
che
paura si diffuse
del
giorno appena iniziato
con
l’arrivo del sole.
(Per chi si nasconde - da
"Il fuoco dello sguardo)
È una poesia che lascia
spazio all’immaginazione, alla riflessione, e tronca talvolta le aspettative,
rompendo la fluidità della storia.
Ma proprio lo scuotimento
dal profondo dell’anima genera una trasformazione che devia dalle attese
comuni.
Allora, “...che paura si diffuse”?
Osate immaginare, osate
amare.
In una sua serie
televisiva, “Ways of seeing”, trasmessa nel 1972 dalla BBC, dice:
“The process of seeing paintings, or seeing anything else, is less
spontaneous and natural than we tend to believe”
(“Il processo di visione
dei quadri, o di qualsiasi altra cosa, è meno spontaneo e naturale di quanto
noi tendiamo a credere”)
Con questo Berger spiega
che il nostro stesso sguardo è vincolato dall’essere tale, giacché anch’esso
come una macchina da ripresa è basato su alcuni filtri e ottiche costitutivi
dell’essere umano che non permettono la visione totale della realtà.
Ma poiché le cose sono
silenziose sono molto più facili da manipolare e quindi essere trasformate in
diverse forme d’arte. Ecco svelato il segreto della poesia!
La poesia è
intercambiabilità di vita, condivisione totale del mio all’altro, rinascita
continua e il poeta - minatore è tale perché scopre di avere nel profondo del
suo Io qualcosa che lo accomuna agli uomini.
Una
farfalla disturba un granello
quel
granello un altro
finché
c’è tale attrito nella polvere
che
il cielo versa latte azzurro
sulle
pietre che hanno concepito
Un
giorno nasce
Giù
per il precipite sguardo dei suoi occhi aperti
vengono
condotti gli alberi.
(A Remaurian II - da
"Il fuoco dello sguardo")
Mi sono avvicinata alla
poesia di John Berger, in particolare a "Il
fuoco dello sguardo", grazie a Riccardo Duranti, suo traduttore
italiano.
Duranti era stato ospite
nella biblioteca della mia scuola per presentare un suo libro di poesie e così
in estate, io insieme ad alcuni amici siamo andati a trovarlo nel suo casale a
Mompeo, immerso nella campagna della Sabina. Lì ci ha presentato la raccolta di
poesie di Berger di cui mi sono innamorata facendomi rapire dal suo modo di
scrivere e di presentare le singole parti della sua esperienza.
Dopo aver letto alcune
delle poesie abbiamo deciso di creare un gruppo di noi ragazzi, accomunati
dall'amore per la poesia, con l'intento di trasmettere questa nostra passione
per l'arte ad un più vasto pubblico, facendo conoscere quelle figure che fanno
fatica ad emergere e quelle realtà di cui non sempre si parla. Non a caso
abbiamo scelto di chiamarci "Il non
detto" riprendendo proprio il titolo di una delle poesie della
raccolta.
Il 28 novembre 2015, “Il non detto”, per la prima volta, ha
presentato “Il fuoco dello sguardo”
presso una libreria dei Castelli romani in provincia di Roma con il prezioso
intervento dello stesso Riccardo Duranti.
Insieme abbiamo scoperto
nuove sfumature della sua poesia e più volte ci siamo posti delle domande, sul
come ad esempio riesca ad accostare elementi del tutto differenti conferendo
loro un senso, un filo logico. L'essenzialità dei versi fa sì che il lettore
s'immerga d'impatto nella sua storia ed inizi a vedere con occhi diversi, con
un'altra prospettiva.
Non scrive di luoghi
comuni, stereotipi ma segue il suo pensiero che va controcorrente rispetto a
quello della massa. Può generare sconcertamento e mettere in dubbio,
solleticare la curiosità perché scrive di situazioni insolite, certe volte
bizzarre, lontane da ciò che comunemente si potrebbe pensare; non è da tutti
infatti associare una trota ad una montagna, o la luce ad un chiodo
martellato... Insieme abbiamo discusso sulle poesie, dandone ognuno una
personale interpretazione, convinti che sentire più voci apre nuovi spazi entro
cui muoversi.
Alcune poesie offrono una
maggior consapevolezza sulla realtà, altre inducono a domandare.
Il poeta - minatore
presenta la sua esperienza, rivelandola per come è, nuda, spoglia senza
edulcorazioni.
qui
la
notte è tempo dimenticato
l'alba
eterna
e
nel freddo sogno
di come il pino
ardeva
come la lingua d'un cane
dietro le zanne
(Fabbrica - da "Il
fuoco dello sguardo")
John Berger. Il fuoco dello
sguardo” curata e tradotta da Riccardo Duranti. Casa editrice “Coazinzola Press”.
Nessun commento:
Posta un commento