20 aprile 2016

"Il progetto nazista della distruzione dell'infanzia" di Luciano Luciani

"I bambini crescono e diventano schifosi ebrei".
La guerra di annientamento dichiarata dal nazismo nei confronti del mondo ebraico europeo è soprattutto una guerra contro i bambini: “perché i bambini crescono e diventano schifosi ebrei!”, così argomenta un ufficiale tedesco a chi gli chiedeva con quale animo potesse tenere prigionieri dei bambini, nell’Hotel Meina, sul lago Maggiore, teatro, nell’autunno del ’43, della prima strage ebraica in Italia. 50 morti ammazzati tra cui 4 bambini.
 

Con quale animo, ad Auschwitz, il dottor Joseph Mengele si recava ad ascoltare i bambini ebrei che cantavano in coro Tutti gli uomini sono fratelli, per poi avviarli alle camere a gas e ai laboratori sede dei suoi sadici, spietati, letali esperimenti di genetica?
 

Oppure quale aberrazione mentale, quale deviazione della psiche poteva spingere un attore fallito di nome Helmut Doork a trasformarsi nel clown col naso truccato di rosso che accompagnava i bambini al treno sul punto di partire per Auschwitz e per un destino di morte? Angelo pietoso delle sofferenze e delle paure estreme dei più deboli, i bambini appunto, a cui intendeva regalare un ultimo sorriso o mostruoso pifferaio di Hamelin, complice del Boia e del Male? È accaduto anche questo!
 

E se, in alcuni casi possiamo trovare risposte nella infermità psichica, nell’aberrazione mentale di alcuni, la distruzione del mondo ebraico è, certo, progetto di lungo periodo che nasce all’indomani del I° conflitto mondiale: l’idea della cospirazione ebraica domina il modo di leggere la realtà dei nazisti che utilizzeranno categorie e concetti antisemiti per spiegare tutti gli sviluppi politici ed economici all’interno e all’esterno della Germania:  il cristianesimo, il liberalismo e le ideologie di sinistra, tutto veniva ricondotto all’ispirazione e alla cospirazione ebraica.
 

Intorno alla metà degli anni Trenta la legislazione antiebraica di Norimberga per la prima volta attua il principio della diversità biologica, rendendo così gli ebrei non solo sudditi, ma sudditi di seconda classe del Reich nazista. Ovvero gli ebrei sono al di sotto degli esseri umani: possono tutt'al più posizionarsi tra gli animali e le cose. Quindi, i bambini degli ebrei sono piccoli animali, piccole cose, neppure in grado di lavorare per il Fuehrer e lo Stato assoluto.
 

Come aveva detto quell’ufficiale tedesco di guardia all’Hotel Maina! “I bambini crescono e diventano schifosi ebrei”. Così, non può sorprendere la testimonianza – una tra migliaia dello stesso tono – di Sebastiano Finzi, deportato ad Auschwitz-Birkenau: “ho veduto prendere un lenzuolo, strappare i neonati che poppavano dalle madri, metterne cinque, sei dentro, fare un fagotto così, come di panni sporchi, e buttarli violentemente sopra a un camion. Un fagotto come i panni sporchi che si lava alla lavanderia...”

I bambini, vittime e anche, talora, carnefici.
Le bambine e i bambini ebrei ormai sono stati “reificati”, “cosalizzati”. Ridotti a cose: ed è quindi consentito il loro sterminio di massa. Perché la guerra condotta contro l’infanzia dal nazismo non è la conseguenza, non è un sottoprodotto del conflitto in corso o del genocidio in atto, ma è la ragione stessa della Shoah. La Shoah ovvero lo stermino, la distruzione, la catastrofe che ha colpito con particolare durezza e ferocia sistematica l’infanzia, i bambinicome portatori di futuro. Non solo gli ebrei, ma anche i rom, i sinti, gli slavi. E, mi si permetta di aggiungere, anche gli stessi bambini ed adolescenti tedeschi: sia quelli uccisi per la loro disabilità, una minoranza ma che macchiava la purezza della razza, sia la maggioranza, quelli educati nelle scuole del Reich al culto della morte e a una feroce intolleranza. Racconta, quasi con stupore, un deportato sopravvissuto, Lello Perugia: “Una volta ci siamo fermati in una stazione in Germania e ho visto intorno al vagone dei bambini con la svastica. Sentivano le nostre grida, ma rimanevano impassibili. C’era proprio una forma di indifferenza, erano talmente infatuati del nazismo anche i bambini… Per me la responsabilità ce l’hanno anche loro. Nessuno ha avuto pietà, nessuno”.
 

Questi bambini con la svastica, spietati come i loro padri nel ricordo di Lello Perugia, sono i figli, sono il prodotto della collocazione dell’infanzia tedesca all’interno del progetto complessivo del nazismo, del suo inquadramento e della sua militarizzazione.
Il decreto che disponeva lo studio della razza nelle scuole tedesche dichiarava che ”per rispondere al desiderio del Fuehrer nessun bambino, ragazzo, fanciulla sia autorizzato a lasciare la scuola senza essere penetrato dell’importanza e della necessità di un sangue puro”.
Nel Mein Kampf Hitler scrive “il tempo del servizio militare deve essere considerato la conclusione dell’educazione normale del tedesco medio”. “La gioventù” ribadisce Hitler “appunto in virtù della sua ignoranza rappresenta quasi sempre il soggetto che meno oppone resistenza e [siccome] “i bambini di oggi saranno gli adulti di domani solo chi li ha veramente conquistati può credersi signore del futuro”.
Così soltanto il popolo tedesco sarà un popolo di guerrieri, esso solo avrà il diritto di portare le armi: gli altri popoli saranno schiavi destinati a lavorare per la casta guerriera dei tedeschi. “Non ci saranno più cinque, sei, o otto grandi popoli sul continente europeo, vi sarà solo la Germania, onnipotente”, dirà Hitler a Otto Stresser.
 

E, sempre per usare le parole del dittatore tedesco, “il nazismo dominerà il mondo per duemila anni e gli darà una pace non basata sugli scodinzolamenti di lacrimose prèfiche pacifiste, ma fondata dalle vittoriose spade di un popolo di dominatori, che si impadronisce del mondo per scrivere una superiore civiltà”.
 

Questo programma aberrante, questo disegno mostruoso, questo piano degenerato, snaturato non si è realizzato.
Che fallisse non era per niente scontato e sconfiggerlo è costato lutti e rovine inenarrabili, materiali e morali, quali mai si erano dati nella storia del mondo.
 

Nostro compito ora, oggi e per l’avvenire è operare con le armi della cultura, dell’informazione, della politica, della diplomazia per impedire che si ripetano le condizioni che hanno permesso l’orrore della Shoah.
Quindi l’impegno di tutti quanti noi deve essere quello di non dimenticare: perché la maledizione degli uomini è che essi dimenticano.
E quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo.
E quando ti chiederanno che cosa facciamo, tu gli risponderai: “Noi ricordiamo”.

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