28 aprile 2016

“ Svizzera Pesciatina: viaggio a San Quirico di Valleriana” di Gianni Quilici





 Dopo Pietrabuona la strada inizia a salire morbidamente. Strada stretta tra olivi e castagni, nella luce smorta che ingrigisce il verdognolo dei prati della collina.
Il parcheggio di San Quirico di Valleriana, proprio all’entrata del paese, è quasi vuoto. Vedo una fitta boscaglia nell’armonia tra il biancore di fusti e di rami e il verde tenue delle foglie. Il cielo all’orizzonte è di un grigio cinereo  con nuvole nere minacciose qua e là. San Quirico è uno dei “dieci castella”, di cui si compone questa zona conosciuta come “Svizzera pesciatina”. Dieci paesi medievali, che si stagliano meravigliosamente nel verde della collina.


Entro nel paese, che ha conservato la sua struttura tipicamente medievale, nonostante che i nazisti lo avessero, in buona parte, devastato, fucilando, inoltre, venti persone, rastrellate nei dintorni  come rappresaglia per uno scontro a fuoco avvenuto tra militari tedeschi e pattuglie partigiane, avvenuto il 17 agosto 1944.  
Ed infatti la via sale con la tipica pavimentazione di pietra scura con piccoli scalini di  pietra con bordi arrotondati.  Vedo una delle porte, che conserva soltanto due colonne di pietra su cui poggia l’architrave. All’interno della porta una scala sale ad una casa, ma  disabitata, come altre che incontrerò.


Dalla porta una via arriva dritta alla piazza del paese: Piazza Garibaldi. Una lastra di marmo del 1908 con un bassorilievo del volto esalta, con il linguaggio aulico tipico del tempo, l’eroismo del condottiero. La piazza è ampia ed aperta ed ha una sua bellezza contemplativa. Mi siedo su una panchina di pietra. Mi colpisce la fontana rinascimentale dentro una nicchia semicircolare  con formelle squadrate tutto intorno e soprattutto con l’acqua che sgorga fresca e impetuosa a ricordare nel silenzio il tempo che scorre.
Un uomo con passo stanco attraversa la piazza. “E’ buona l’acqua?” gli chiedo retoricamente  per attaccare discorso. “E’ bona sì, viene direttamente dalla fonte, non è comunale, è acqua nostra. E’ un’acqua questa che vengono da fuori a prenderla”. Si avvicina infatti una donna vestita di scuro, e mentre  scatto con  noncuranza una foto chiedo “ ma quanti abitanti ci ha questo paese… 200?” azzardo. “ Magari! Ce n’è rimasti ormai pochini… una 70ina saremo, 80! Del resto che vuole: qui nella piazza c’era un alimentari, un altro era laggiù, c’era la posta in quell’angola là. Ora non c’è più nulla! C’è un anziano qui in paese, che gli tocca fassi portare in macchina giù a Pescia per riscuotere la pensione! C’è rimasto soltanto il circolo lì”. E me lo indica.


Di fronte a me, infatti, c’è un bel porticato di colonnine doriche con tettoia, un bel portale, da cui si entra nel circolo, in questo momento, chiuso. Era senza dubbio un bel palazzo rimasto oggi dimezzato come se avessero appiccicato due parti tra loro completamente diverse. La parte inferiore ricca di sottigliezze architettoniche; la parte superiore sciupata da un rifacimento tirato via con delle terrazze di cemento orribili.


Ad un passo dalla piazza la Porta ancora perfettamente conservata con blocchi di pietra serena e i cardini della prima cinta muraria del XIV secolo con un bellissimo loggiato a due volte: una rivolta verso un paesaggio che tocca i monti Pisani, l’altra  che prosegue con l’inizio di una nuova via.  Da questa due ragazzi stanno arrivando in mountain bike per s’involarsi in discesa per la via adiacente alla Porta, lungo le vecchie mura.
Ritornando nella piazza passo attraverso una breve galleria e salgo da un vicolo  con uno di quei tornanti di pietra squadrata, che, dentro di me, definisco poetici. Ci si sente la mano e la maestria.


Un cane chiuso da un cancelletto di metallo abbaia furiosamente. Mi avvicino, smette di abbaiare e mi guarda fissamente pensoso. Avvicino la mano, anche lui si avvicina con il muso, poi scatta di colpo indietro, come se avesse avuto paura e riprende furiosamente a abbaiare.


Arrivo da ultimo alla Chiesa. E’ grande,  imprevedibilmente ampia, con un bel campanile merlato. E’ chiusa, come la canonica, che sembra non più abitata. Ma da una porticina vicina ad essa ecco che sbuca un uomo. “Volete entrare?”. E’ l’orto-giardino della Chiesa. Ben curato tra il prato con margherite, l’orto con i fagioli, tanti vasi di fiori ed un tavolo con panchine tutto di pietra, posto su una delle due torrette delle vecchie mura.

Pescia. San Quirico di Valleriana.                                                      22 aprile 2016.

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