Dopo Pietrabuona la strada inizia a salire
morbidamente. Strada stretta tra olivi e castagni, nella luce smorta che
ingrigisce il verdognolo dei prati della collina.
Il parcheggio di
San Quirico di Valleriana, proprio all’entrata del paese, è quasi vuoto. Vedo
una fitta boscaglia nell’armonia tra il biancore di fusti e di rami e il verde tenue
delle foglie. Il cielo all’orizzonte è di un grigio cinereo con nuvole nere minacciose qua e là. San
Quirico è uno dei “dieci castella”, di cui si compone questa zona conosciuta
come “Svizzera pesciatina”. Dieci paesi medievali, che si stagliano
meravigliosamente nel verde della collina.
Entro nel paese,
che ha conservato la sua struttura tipicamente medievale, nonostante che i
nazisti lo avessero, in buona parte, devastato, fucilando, inoltre, venti
persone, rastrellate nei dintorni come
rappresaglia per uno scontro a fuoco avvenuto tra militari tedeschi e pattuglie
partigiane, avvenuto il 17 agosto 1944.
Ed infatti la via
sale con la tipica pavimentazione di pietra scura con piccoli scalini di pietra con bordi arrotondati. Vedo una delle porte, che conserva soltanto due
colonne di pietra su cui poggia l’architrave. All’interno della porta una scala
sale ad una casa, ma disabitata, come
altre che incontrerò.
Dalla porta una
via arriva dritta alla piazza del paese: Piazza Garibaldi. Una lastra di marmo
del 1908 con un bassorilievo del volto esalta, con il linguaggio aulico tipico del
tempo, l’eroismo del condottiero. La piazza è ampia ed aperta ed ha una sua
bellezza contemplativa. Mi siedo su una panchina di pietra. Mi colpisce la
fontana rinascimentale dentro una nicchia semicircolare con formelle squadrate tutto intorno e
soprattutto con l’acqua che sgorga fresca e impetuosa a ricordare nel silenzio
il tempo che scorre.
Un uomo con passo
stanco attraversa la piazza. “E’ buona l’acqua?” gli chiedo retoricamente per attaccare discorso. “E’ bona sì, viene
direttamente dalla fonte, non è comunale, è acqua nostra. E’ un’acqua questa che
vengono da fuori a prenderla”. Si avvicina infatti una donna vestita di scuro,
e mentre scatto con noncuranza una foto chiedo “ ma quanti
abitanti ci ha questo paese… 200?” azzardo. “ Magari! Ce n’è rimasti ormai pochini…
una 70ina saremo, 80! Del resto che vuole: qui nella piazza c’era un
alimentari, un altro era laggiù, c’era la posta in quell’angola là. Ora non c’è
più nulla! C’è un anziano qui in paese, che gli tocca fassi portare in macchina
giù a Pescia per riscuotere la pensione! C’è rimasto soltanto il circolo lì”. E
me lo indica.
Di fronte a me,
infatti, c’è un bel porticato di colonnine doriche con tettoia, un bel portale,
da cui si entra nel circolo, in questo momento, chiuso. Era senza dubbio un bel
palazzo rimasto oggi dimezzato come se avessero appiccicato due parti tra loro
completamente diverse. La parte inferiore ricca di sottigliezze architettoniche;
la parte superiore sciupata da un rifacimento tirato via con delle terrazze di
cemento orribili.
Ad un passo dalla
piazza la Porta ancora perfettamente conservata con blocchi di pietra serena e
i cardini della prima cinta muraria del XIV secolo con un bellissimo loggiato a
due volte: una rivolta verso un paesaggio che tocca i monti Pisani,
l’altra che prosegue con l’inizio di una
nuova via. Da questa due ragazzi stanno
arrivando in mountain bike per s’involarsi in discesa per la via adiacente alla
Porta, lungo le vecchie mura.
Ritornando nella
piazza passo attraverso una breve galleria e salgo da un vicolo con uno di quei tornanti di pietra squadrata,
che, dentro di me, definisco poetici. Ci si sente la mano e la maestria.
Un cane chiuso da
un cancelletto di metallo abbaia furiosamente. Mi avvicino, smette di abbaiare
e mi guarda fissamente pensoso. Avvicino la mano, anche lui si avvicina con il
muso, poi scatta di colpo indietro, come se avesse avuto paura e riprende
furiosamente a abbaiare.
Arrivo da ultimo
alla Chiesa. E’ grande, imprevedibilmente
ampia, con un bel campanile merlato. E’ chiusa, come la canonica, che sembra
non più abitata. Ma da una porticina vicina ad essa ecco che sbuca un uomo.
“Volete entrare?”. E’ l’orto-giardino della Chiesa. Ben curato tra il prato con
margherite, l’orto con i fagioli, tanti vasi di fiori ed un tavolo con panchine
tutto di pietra, posto su una delle due torrette delle vecchie mura.
Pescia. San
Quirico di Valleriana.
22 aprile 2016.
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