di Gianni Quilici
“Sull’acqua”
a me pare grande poesia civile.
Michele
Serra soggettivizza l’acqua, mutandola
in un gigantesco corpo vivente
immensa eppure invisibile,
in movimento eppure
impercettibile,
inorganica eppure viva
Allo
stesso modo dà un corpo pulsante a quel mondo
di fuoco, di carni segnate, di vite bruciate: le macchine delle industrie lombarde, che
hanno utilizzato la sterminata falda acquifera padana, cioè milioni di miliardi
di metri cubi di acqua, un mare sotterraneo, fonte millenaria dell’agricoltura,
oltre che dell’industria; il suono sovrumano e profondo che queste macchine
producevano per lavorare l’acciaio, spina dorsale della modernità; e
soprattutto dà corpo alle decine di
migliaia di operai che questo metallo tempravano, tagliavano, curvavano,
ritempravano.
Ed
ora? Dopo averne pompata dal suolo interi oceani per anni oggi questo paesaggio
industriale è abbandonato, un guscio vuoto, mentre l’acqua sale sale e
riaffiora e può diventare una minaccia incontrollabile.
Un’acqua
sospesa, un’acqua che aspetta, che ci aspetta.
Un
passato pieno, un presente vuoto, un futuro minacciosamente sospeso. Sta a noi.
Sta alle nostre scelte.
Ecco
che le parole di Michele Serra diventano,
prima che sia troppo tardi, un grido
sociale, poetico e insieme politico. Per come riesce a visualizzare la dimensione
storica di un processo economico-sociale complesso, articolato e contraddittorio; per l’energia intrinseca nelle parole scelte
che si intreccia alla scansione martellante che insonorizza e dà quel ritmo martellante
che questi processi producono.
Michele Serra. Sull'acqua. Aboca. Euro 8,00
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