di Mimmo Mastrangelo
Sebbene non nota come quella di romanziere e giornalista , l’attività di Corrado Alvaro (San Luca 1895 – Roma 1956) nel cinema
fu altrettanto importante ed intensa .
Da soggettista e sceneggiatore partecipò alla lavorazione di oltre una ventina di
produzioni, mentre da critico e saggista collaborò coi quotidiani “La Stampa” e
“Corriere della Sera”, le riviste “Scenario”, ”Film”, “Cinema nuovo”, fu per un anno prima firma del cinema sulle pagine del battagliero
settimanale “Il mondo”.
Frequentatore assiduo
delle sale, negli anni in cui la settima arte andava raggiungendo una piena maturità
ed autonomia dalle altre discipline, si persuase di quanto essa potesse primeggiare,
innanzitutto, in quei Paese dove era presente
una forte civiltà letteraria.
L’autore
del capolavoro “Gente d’Aspromonte” individuò da subito nel cinema “uno
strumento di divulgazione efficace” di
cui i Paesi, consapevoli, se ne
servivano per propagandare la loro storia, i loro costumi,
le loro idee e gusti. Rintracciò la fortuna
e il successo popolare della settima
arte in quella sua magia di saper
trasportare lo spettatore in un mondo
distante dal reale, in un universo immaginato, sognato più che vissuto.
Per
Alvaro un buon film era sempre il risultato di un lavoro collettivo e da
addetto ai lavori (ricordiamo la sua collaborazione con Giuseppe De Santis per
la sceneggiatura di “Caccia tragica” e “Riso amaro”) fu spesso sui set , da qui la sua
idea di come la macchina da presa
sia lo strumento cardine, trascinante
che regola l’armonia e la cadenza di una disciplina meccanica qual
è poi il cinematografico.
Scrisse tanto, meglio tantissimo su quella che per
lui fu “una magnifica ossessione”, e di questa sua pubblicistica prolifica ne è conferma il volume “Corrado Alvaro e il cinema” (Edizioni Città del Sole, pag
490,euro 24,00), curato da Maria
Cristina Briguglio e Giovanni Scarfò e in cui sono raccolti un centinaio fra recensioni e saggi (alcuni
inediti) , redatti in oltre trent’anni, a partire dal primo uscito nel 1923
fino all’ultimo del dicembre 1955 apparso sul “Radio Corriere” e dove, con
molto efficacia, il Nostro si
soffermava su come la diffusione della
televisione nel Mezzogiorno poteva, in quel preciso momento storico, essere importante ai fini dell’unificazione del
Paese e per migliorare aspetti sociali e
culturali.
"Se la Tv può, con la
struttura del suo programma nazionale, offrire tanto alle regioni che si va
aprendo - scriveva - il Mezzogiorno
potrà far sentire la sua presenza nella
vita nazionale attraverso un mezzo di efficacia immediata".
Competente ed arguto, il cinecritico Alvaro
era perentorio anche nei giudizi, basti ricordare che per lui i film italiani “mondani”,
prodotti fino alla metà degli anni trenta, facevano letteralmente pena. Da spettatore d’eccezione pronto ad
interrogarsi sulla natura del linguaggio cinematografico, sapeva separava l’analisi sui film intesi come prodotti
d’arte da quella sul cinema visto come industria o fatto di costume.
Maestro nel sapere cucire deliziosi ritratti sui volti
noti del grande schermo (Anna Magnani, Gina Lollobrigida,) Alvaro con gli anni andò cercando nella pellicola sempre più la vita e una sua
credibile rappresentazione e – come seppe riconosce Gian Piero Brunetta - lui ebbe quella dote come pochi di
saper “spostare
di continuo l’attenzione ai fenomeni più svariati dal cinema al film, dall’autore
ai fruitori, dal testo al contesto, riuscendo ad interpretare fenomeni che al
critico sfuggivano".
“CORRADO ALVARO E IL CINEMA” a cura di MARIA CRISTINA BRIGUGLIO E GIOVANNI SCARFO’. EDIZIONI CITTA’ DEL SOLE PAG
490, EURO 24,00
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