22 gennaio 2020

"Anche i Pisani sono esseri umani" di Luciano Luciani

foto di GIANNI BERENGO GARDIN
terza puntata
di un libro autobiografico di più che dubbia pubblicazione

A questo punto un po' mi dispiaceva... L'idea.
A questo punto, un po' mi dispiaceva. A Pisa avevo trovato casa. In affitto, naturalmente: un appartamento di recente costruzione alla periferia est della città, località La Cella, sulla via Fiorentina o Tosco-Romagnola che dir si voglia. Tra l'Arno, la ferrovia e sulla testa l'andirivieni - come lo vogliamo definire? Rumoroso? - degli aerei del vicino areoporto. Attraversata la strada, proprio davanti all'abitazione, un importante, almeno per me,  valore aggiunto: la locale Casa del Popolo, intitolata ad Antonio Gramsci. La sera, poi, quando tornavo da Pontedera, c'era una ragazza ad aspettarmi.
Insomma, l'intenzione era quella di restare e per questo necessitava un'idea, insieme semplice e forte. Una proposta comprensibile a tutti che permettesse alla scuola delle Acli di rimuovere l'immagine negativa che le era cresciuta addosso, rompere l'isolamento e ricollegarsi con quanto di nuovo e significativo - e non era davvero poco - si muoveva nella società di quegli anni.
Ed eccola l'idea! Perché non rifare nella proletaria Pontedera quello che aveva funzionato così bene nel quartiere lumpen di Anzio Colonia? Ovvero, una scuola popolare per prepare all'esame di licenza della scuola dell'obbligo, quanti, giovani e adulti, per i motivi più vari, ne fossero privi.
A sud di Roma, in un contesto diverso, socialmente disgregato, un'esperienza del genere aveva dato buoni frutti. Perchè non provare a esportarla anche nella politicizzata e sindacalizzata cittadina toscana dove non pochi di coloro che si iscrivevano ai corsi professionali si dichiaravano sprovvisti di licenza media?
Facemmo circolare la notizia (grazie Mannucci!) che presso il Centro Enaip, la sera dopocena, avremmo iniziato un'attività gratuita di lezioni di preparazione all'esame di scuola media. Gli ambienti erano a disposizione, sufficientemente ripuliti, luminosi e riscaldati. C'erano i banchi e le lavagne. Per il materiale didattico si poteva attingere agli avanzi di anni e anni di corsi. E gli insegnanti? Un manipolo di volenterosi con motivazioni diverse: chi aveva letto don Milani, chi aveva sempre desiderato insegnare. Altri speravano che la partecipazione a tale esperienza li avrebbe  messi in buona luce per ottenere qualche ora pagata nei corsi professionali a venire... Insomma, quell'ideuzza, neppure tanto originale, - l'Italia di allora era piena di iniziative simili - servì a rompere l'assedio dell'indifferenza cresciuta intorno al Centro e alle sue attività istituzionali. Oddio, non è che le masse premessero al portone del Cfp, però non si poteva negare intorno all'aurorale scuola popolare un discreto movimento d'interesse e di gente. C'era il carabiniere che aveva bisogno della licenza media per progredire nella carriera all'interno dell'Arma; l'inserviente del vicino ospedale che voleva diventare infermiere; l'apprendista che aveva lasciato la scuola per andare a lavorare appena smessi i calzoni corti; il padre di famiglia, operaio, che desiderava essere all'altezza dei figli che studiavano; la parrucchiera immigrata dal sud che la scuola l'aveva solo sfiorata e malamente...
In cattedra una pattuglia di generosi. A me toccavano le ore d'italiano; a Mario Mannucci, appassionato di storia, la ricostruzione degli accadimenti del passato e la geografia; a Ubaldo Sassi, studente di ingegneria a Pisa e in predicato di insegnare nei corsi professionali, gli argomenti scientifici previsti dai programmi; alla maestra pontederese Daniele Santerini, se non ricordo male, l'inglese. Lingua che Daniela aveva imparato nientemeno che suonando in una band femminile che si era esibita nelle basi americane del sud-est asiatico in piena guerra Usa-Vietnam, tra il '68 e il '69: una ragazza vitalissima che sembrava davvero incarnare i migliori spiriti di quegli anni.

Un cambiamento radicale.
Per rimpolpare il numero degli iscritti ai corsi professionali fu però necessario un radicale cambiamento del punto di vista. Sino a quel momento avevamo sempre ragionato e programmato il nostro intervento pensando a un bacino di utenza come ristretto alla sola città e ai suoi lavoratori che immaginavamo vogliosi di migliorare professionalmente. E se invece ci fossimo rivolti alle  "campagne"? Se, fatta nostra la strategia del compagno Lin Piao dell'accerchiamento delle città da parte delle campagne, per intercettare i nostri potenziali iscritti ci fossimo rivolti agli abitanti della Valdera e delle Colline Pisane giù giù fino a Volterra? Ai giovani, donne e uomini, del lavoro a domicilio sottopagato; ai precari delle decine e decine di fabbrichette dell'indotto Piaggio sparse tra borghi di straordinaria bellezza e antiche corti; ai lavoranti dell'industria del mobile in crisi occupazionale per l'introduzione di nuove tecnologie; ai ragazzi dall'incerta professionalità che con il loro sfruttamento  garantivano l'espansione della  piccola industria calzaturiera...

Così, per alcune settimane, la mattina o/e il pomeriggio, Orlando Minguzzi, il segretario del Centro, e io ci muoviamo da Pontedera per l'operazione ribattezzata la Grande Campagna di Reclutamento. Destinazioni: Bientina e Buti, Lari e Chianni, Ponsacco e Peccioli, Crespina e Palaia... Mezzo di locomozione, una vecchia Fiat 500 Giardinetta immatricolata a metà degli anni sessanta: al volante Orlando, perché io - allora come oggi - non ho la patente. Obbiettivi sensibili: Circoli Acli; Case del Popolo; bar; palazzi comunali; l'uscita delle fabbrichette... Dove affiggiamo i nostri manifesti, distribuiamo depliant e volantini, attacchiamo locandine e parliamo, parliamo, parliamo... Con i giovani operai poco più che adolescenti, coi lavoranti di quella fabbrica diffusa che è il lavoro a domicilio, con i sindaci e gli assessori di Comuni piccoli e piccolissimi, spingendoci a sud, sempre più a sud. Fino a Guardistallo, fino a Volterra! Orlando, l'amministrativo del Cfp, è un bravo ragazzo al suo primo impiego. Tra le sue mansioni, immagino, anche quella di esercitare un discreto controllo sul sottoscritto e riferire. Io lo so e lui sa che io so. Riusciamo lo stesso a diventare quasi amici e non poteva essere diversamente: siamo sulla stessa barca, ci dobbiamo inventare un lavoro e abbiamo poco più di mezzo secolo in due. Discorriamo di come immaginiamo il futuro e del presente complicato che ci mette a dura prova; di grandi ideali - una società più giusta, il socialismo, la rivoluzione - e miserie quotidiane - i soldi che non bastano mai ad arrivare alla fine del mese -; di donne e motori. Soprattutto quello della nostra 500 Giardinetta, che un giorno dopo l'altro sempre più ansante e stentato ci significava rumorosamente la sua intenzione di lasciarci a piedi. Anche la splendida stagione tardo-autunnale, giornate terse e un clima da perenne "estate di San Martino" che per quasi un mese ci avevano accompagnato e sostenuto, declinava ormai verso l'inverno umido, freddo e nebbioso proprio di queste aree interne della regione.
 

Riuscirono i nostri eroi a organizzare i loro sospirati corsi professionali? Sì, la spuntammo. A fatica, ma la spuntammo. Le attività ebbero inizio; gli insegnanti videro riconfermate le loro ore di docenza e ne assumemmo di nuovi; si stabilì un'utile osmosi tra i corsi professionali e la scuola seral-popolare. Tutto bene, dunque? No. I problemi, quelli veri, sarebbero iniziati subito dopo, ma questa è un'altra storia e chissà se merità raccontarla.

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