Guardo senza sapere chi siano questi giovani, dove si trovano, in quale situazione e perché. Li osservo come se fossero un quadro, una pittura, una creazione non necessariamente frutto di una realtà precisa.
Centrale il giovane
con tatuaggi scolpiti sul corpo, le labbra strette, gli occhi obliqui ed
abbassati come se contemplasse un pensiero doloroso o l’impossibilità ad agire.
Intorno a lui gli
altri: volti o occhi soltanto, nel chiaro- scuro della luce, a formare un
gruppo, stretti l’uno con l’altro, che lo sfondo completamente scuro evidenzia
con nettezza. Con un dettaglio felice: la mano con unghie bianche, che si posa leggera
sulle spalle del giovane.
In questo contesto
colpisce il tipo di inquadratura: trasversale, che dalla ragazza sulla sinistra
sale fino al quarto giovane tagliandogli volto, occhio e spalla.
E’ uno scatto frettoloso?
Paolo Pellegrin ha colto al volo un’immagine che sarebbe stata altrimenti persa
o la sua è stata una scelta?
Quale che sia la
risposta, il risultato espressivo dell’immagine è forse più convincente di uno
scatto realizzato a regola d’arte.
Perché l’inquadratura dà mobilità ad una situazione fisicamente statica,
ma psicologicamente drammatica.
Ma dove ci
troviamo e in quale situazione non sono riuscito a scoprirlo navigando sul web.
L’unica fatto certo è che questa fotografia è la copertina di un libro sulla
Cambogia. In quale attimo e contesto resta ancora da scoprire e , in questa
situazione, certamente può risultare importante.
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