Versi contro l'oblio del nostro passato
di Luciano Luciani
Letterato,
critico d'arte, saggista di lungo corso, Giuseppe Cordoni, sulle soglie di una
maturità che arriva sempre a tua insaputa, regola, a suo modo, da poeta, i
conti con la società e con la storia che gli sono state proprie e all'interno
delle quali è nato, vissuto, si è plasmato e definito come uomo e
intellettuale. Versiliese “di terra” e giovanotto nel secolo scorso, da quando
lo conosco - e sono quasi quarant'anni -, Beppe Cordoni è sempre stato
impegnato in una dura battaglia da lui combattuta con le sole armi pacifiche
della parola, del verso, della poesia: ovvero, contrastare l'oblio e la smemoratezza
degli uomini intorno alle vicende e alle persone, ai modi di vita, ai
comportamenti e anche agli oggetti, le cose, gli strumenti per il lavoro del
passato di appena ieri. In una parola, la civiltà, quella rurale, di cui la
stragrande maggioranza degli italiani è ancora figlia. Al centro dei suoi
interessi, che sono insieme poetici e documentari, c'è l'antropologia del
popolo della campagna versiliese: nel caso specifico quella di una Versilia
interna, la Villa Rossa, Podere 9 della Tenuta Aurelia. Terra di coloni, di
mezzadri da tre generazioni, dove l'Autore è nato e ha trascorso gli anni
fondativi della fanciullezza e della prima adolescenza. Un mondo. Piccolo, ma
dalle radici antiche e tenacissime. Popolato da un'umanità semplice, legata a
una terra fertile perché strappata dalla fatica umana alla boscaglia e alla
palude. Donne e uomini le cui esistenze erano scandite dai cicli stagionali e
dai relativi lavori nei campi. Vite segnata da dure, difficili, ormai desuete,
condizioni materiali di lavoro.
È
il tema di questa trilogia in versi, Dalla terra tradita, Quaderni di
Erba d'Arno, 2019, tre narrazioni poetiche, L'insipida abbondanza, L'ombra
del fico, Il pane in prestito, ognuna preceduta da una breve
premessa poetica. Testi di lunghezza diseguale per versi ora di tono elegiaco,
ora più incalzanti, battenti, polemici in cui, in maniera lucida e accorata,
sferzante e insieme dolente, l'Autore denuncia gli orrori, materiali, morali,
estetici, di una modernità “usa e getta”; un tempo che dura ormai da oltre
mezzo secolo, in cui si è rotto, e in maniera irrimediabile, l'antico patto tra
l'uomo e la terra, forse madre, forse matrigna, ma sempre provvida di doni: da
conquistare a fatica, certo, ma durevoli. E, di generazione in generazione,
capaci di soddisfare non solo le concrete necessità dei suoi abitatori, ma
anche le esigenze di una bellezza semplice che alberga sempre nel cuore di
tutti.
Descrivendo
le pene e le complessità che intervenivano sino a non molto tempo fa nella
produzione dei semplici e faticati beni degli uomini, Beppe Cordoni racconta un
mondo che non c'è più e che non sembra destinato a tornare, a meno di qualche
apocalisse da medioevo prossimo venturo che pure, proprio in questi giorni,
sembra affacciarsi di nuovo tra le pieghe della storia: motivo di più, si
potrebbe dire, per farne memoria intelligente e creativa. Perché, venendo
progressivamente a mancare la generazione nata tra gli anni compresi tra le due
terribili, tragiche guerre del "secolo breve", con essa sparirà
qualsiasi traccia di quelle donne e quegli uomini che con disagio, ma con
tenacia, intelligenza e pratico buon senso, riuscivano a strappare alla terra,
anche la più aspra, anche la più avara, il pane quotidiano e anche qualcosa di
più, per sè e per gli altri.
Oggi,
quando mille rughe sembrano sfigurare la facciata ottimistica del nuovo a ogni
costo (cemento, asfalto, plastica, vetro, alluminio, Centri commerciali come
nuove cattedrali della dilagante religione del consumismo a tutti i costi,
disastri ambientali...), oggi che non siamo più così sicuri di noi stessi e
della direzione e del significato di certa presunta contemporaneità, ci accade
spesso di sentirci disorientati e smarriti. E allora torniamo a ricercare le
abitudini, i colori, i saperi, i sapori, i suoni di una volta. In questo
recupero di un passato importante che poi, in fondo, è appena dietro le nostre
spalle, i versi di Beppe Cordoni ci aiutano e non poco. Perché, al di là della
scaltrita sapienza letteraria che li sostiene sempre, sono stati scritti
intingendo il pennino nell'inchiostro della "simpatia piena d'amore"
per il mondo di ieri e dei suoi umili e dignitosi protagonisti. Perché, se è
vero che la maledizione degli uomini è che essi dimenticano, l'unico antidoto
possibile a tale maleficio è ricordare, ovvero tornare di nuovo a percorrere le
strade del cuore.
Giuseppe
Cordoni, Dalla terra tradita. Trilogia in versi, Quaderni di Erba
d'Arno, Fucecchio (Fi), 2019, pp. 178, Euro 15,00
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