Quello strano fratello adottivo
di Luciano Luciani
Di pagine sull'argomento famiglia sono piene le
letterature d'ogni tempo e latitudine. Quindi, potrebbe far meraviglia che uno
scrittore, considerato oggi tra i più promettenti giovani narratori brasiliani,
abbia scelto di cimentarsi proprio con un tema così consueto e consumato,
collocabile meglio nel solco della grande tradizione del romanzo ottocentesco
europeo.
Ma Julián Fuks, con il suo Malgrado tutto, recentemente apparso
tradotto in italiano per la ben nota sensibilità dell'editore quarup a
rivolgersi a prodotti di alta qualità letteraria provenienti dai quattro angoli
del mondo, ci disorienta. Perché rielabora e aggiorna gli eterni materiali
delle infinite, complicate dinamiche domestiche alla nostra contemporaneità e
alle sue tragedie, quelle di appena ieri e dell'oggi. Nelle sue pagine compare
un nucleo familiare borghese, socialmente collocato nella parte agiata di un
continente latinoamericano perennemente considerato in via di sviluppo. Siamo
in Brasile, a São Paulo, una delle città più popolose e avanzate del mondo: un
padre, una madre, due persone colte, due psicoanalisti di origine argentina,
due figli naturali e uno adottivo.
Ed è proprio lui l'estraneo, che diventa il prisma attraverso
il quale l'Autore, per approssimazioni successive, scompone la luce di quella
famiglia, ne rilegge le vicende recenti e remote e così riattraversa quasi
cinquant'anni di storia recente del proprio Paese d'origine, l'Argentina.
È
solo attraverso vecchie foto, spezzoni di discorsi dei genitori, battute di
dialoghi rimaste a metà e sempre interrotti all'approssimarsi dei figli, che
l'Autore ricostruisce il dramma vissuto dalla propria famiglia e la tragedia in
cui, nella seconda metà degli anni Settanta, una congrega di militari macellai
precipitò un intero Paese, perché ne braccò, annichilì e disperse un'intera
generazione di giovani. La sterminò programmaticamente e sistematicamente forte
di non poche, né poco importanti, connivenze internazionali. E quel fratello
adottivo, così diverso, così strano, così enigmatico è l'ennesima vittima di
quella guerra mai dichiarata e tanto ferocemente praticata.
Figlio di una desaparecida
collega di lavoro della madre, l'Autore, pur vivendoci assieme ogni giorno, non
lo ha mai capito e lo ha sempre percepito come un corpo estraneo... Però c'era
sempre stato qualcosa in lui che sollecita lo scrittore ad approfondire e a
farsi delle domande: “So che lui mi proteggeva perchè c'è un suo gesto abituale
che è rimasto impresso nella mia memoria: la sua mano posata sulla mia nuca,
l'indice e il pollice che fanno pressione sul mio collo, a turno, senza fare
forza, solo per indicarmi la direzione del prossimo passo”. A mano a mano, faticosamente, lo riscopre,
quel fratello adottato, interpretandone meglio gesti, reazioni,
comportamenti... E così in un lento itinerario di piccole molecolari scoperte
conosce meglio lui e comprende più a fondo il coraggio dei genitori; impara ad
apprezzare nella giusta misura la grandezza della devozione della madre e
riesce finalmente a dare un senso allo sradicamento, il proprio, che ancora
bambino l'ha portato lontano.
Fuks scrive dopo un esilio che, a chi tocca in sorte,
è sempre come raccontare dopo un devastante movimento sismico. Far riemergere
dalle rovine delle incomprensioni, dei silenzi e dei non detti, la propria
storia, quella della generazione dei padri e quella di una nazione sfortunata,
insieme vittima e complice, comporta dolore, sofferenze, una tristezza acuta
che ti percorre tutto, fin nelle pieghe più profonde dell'animo.
Lo scrittore
ormai brasiliano ricompone con mano ferma questo quadro che è insieme privato e
politico. Lo aiuta una scrittura insieme sostenuta ed evocativa, che dice, non
dice e si limita a suggerire le infinite possibilità, le infinite ambuiguità
della Storia e delle storie.
Iulián Fuks, Malgrado tutto, quarup, Pescara
2019, pp. 128, Euro 18,90
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