di Mimmo Mastrangelo
LONDRA 1970: CINQUANT’ANNI FA USCIVA IL DOPPIO 33 GIRI “JESUS CHRIST SUPERSTAR” CHE RIVOLUZIONERA’ LA PERCEZIONE DELLA MUSICA POP NEL MONDO…PRESENTA CRISTO COME MESSAGGERO DI UN DIO CHE SALVA TUTTI, NON SOLAMENTE ISRAELE. DA QUESTO DISCO ARRIVERANNO LA VERSIONE TEATRALE E CINEMATOGRAFICA
Londra fine degli anni sessanta: il clima musicale nella capitale
britannica è naturalmente inondato dal
successo planetario dei Beatles che, però, stanno avviandosi verso la
separazione. Per la testa del compositore
Andrew Lloyd Webber e del paroliere Tim Rice frulla l’idea di allestire
un musical sul Gesù che ha cambiato la storia del mondo.
Weber e Rice - all’epoca rispettivamente ventuno e venticinque anni – non dispongono dei soldi che ci vogliono per mettere su il loro ambizioso progetto, decidono così di ripiegare su un disco dalle venature rock e che vuole essere anche una scommessa sul loro futuro di artisti. E così, ispirati ai Vangeli sinottici e al magistrale saggio “Vita di Cristo” del vescovo ausiliare di New York, Fulton J. Sheen (Papa Benedetto XVI l’ha dichiarato venerabile nel 2012) registrano “Jesus Christ Superstar”, un doppio 33 giri che arriverà sul mercato nel 1970 e verrà accolto con entusiasmo, specie nelle piazze della protesta studentesca.
Ma l’album rappresenterà, innanzitutto una rivoluzione nel mondo della musica, tanto che influenzerà la cultura pop non meno di quando ci fu l’avvento dei Beatles. In vari Paesi europei scalerà i primi posti dell’ hit-parade, negli Stati Uniti si aggiudicherà il disco d’oro e agli inizi degli anni ottanta avrà raggiunto il record di sette milioni di copie vendute.
Registrato all’Olimpic Sound Studio di Londra, il disco contiene ventitre brani che miscelano i generi in voga in quel tempo e drammatizzano musicalmente l’ultima settimana della vita Cristo, dalla sua entrata a Gerusalemme alla Crocifissione.
Nella “pianificazione” del lavoro un’orchestra sinfonica viene affiancata alla Grease Band, un gruppo rock nato in supporto dei concerti di Joe Cocker, mentre Ian Gillan è la voce di Gesù, Murray Head quella di Giuda e Yvonne Elliman quella di Maria Maddalena.
Diversi sono brani che più degli altri fanno da pilastro alla narrazione e al dialogo serrato tra i protagonisti tra questi titoli non si possono non citare, visto che col passare dei decenni sono diventati anche dei cult-music”, gli splendidi “I don’t know how to love him” ed “Everything’s alrights”, la ballata jazz-rock “Heaven on their minds” e gli insuperabili antem-inni “Superstar” e “Hosanna”.
Il disco verrà molto contestato in alcuni ambienti conservatori della Chiesa, come del resto una pioggia di critiche si riverserà sia sul musical che Rice e Webber porteranno in scena dal 1971 ( la prima il 12 ottobre da Brodway) che sulla versione cinematografica girata nel 1973 da Norman Jewison con protagonisti Ted Neeley (Gesù) e Carl Anderson (Giuda).
A distanza di mezzo secolo ormai “Jesus Christ Superstar” tanto nella sua veste discografica che in quella teatrale (e cinematografica) non fa più scandalo, e non poteva essere diversamente. E’ umano, caritatevole il Cristo di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber, sceglie di stare con chi è perdente, innova l’immagine di Dio, del Padre non più severo ma comprensivo, pronto a soccorrere gli uomini piuttosto che a giudicarli, a salvare tutti i popoli e non solamente Israele.
Weber e Rice - all’epoca rispettivamente ventuno e venticinque anni – non dispongono dei soldi che ci vogliono per mettere su il loro ambizioso progetto, decidono così di ripiegare su un disco dalle venature rock e che vuole essere anche una scommessa sul loro futuro di artisti. E così, ispirati ai Vangeli sinottici e al magistrale saggio “Vita di Cristo” del vescovo ausiliare di New York, Fulton J. Sheen (Papa Benedetto XVI l’ha dichiarato venerabile nel 2012) registrano “Jesus Christ Superstar”, un doppio 33 giri che arriverà sul mercato nel 1970 e verrà accolto con entusiasmo, specie nelle piazze della protesta studentesca.
Ma l’album rappresenterà, innanzitutto una rivoluzione nel mondo della musica, tanto che influenzerà la cultura pop non meno di quando ci fu l’avvento dei Beatles. In vari Paesi europei scalerà i primi posti dell’ hit-parade, negli Stati Uniti si aggiudicherà il disco d’oro e agli inizi degli anni ottanta avrà raggiunto il record di sette milioni di copie vendute.
Registrato all’Olimpic Sound Studio di Londra, il disco contiene ventitre brani che miscelano i generi in voga in quel tempo e drammatizzano musicalmente l’ultima settimana della vita Cristo, dalla sua entrata a Gerusalemme alla Crocifissione.
Nella “pianificazione” del lavoro un’orchestra sinfonica viene affiancata alla Grease Band, un gruppo rock nato in supporto dei concerti di Joe Cocker, mentre Ian Gillan è la voce di Gesù, Murray Head quella di Giuda e Yvonne Elliman quella di Maria Maddalena.
Diversi sono brani che più degli altri fanno da pilastro alla narrazione e al dialogo serrato tra i protagonisti tra questi titoli non si possono non citare, visto che col passare dei decenni sono diventati anche dei cult-music”, gli splendidi “I don’t know how to love him” ed “Everything’s alrights”, la ballata jazz-rock “Heaven on their minds” e gli insuperabili antem-inni “Superstar” e “Hosanna”.
Il disco verrà molto contestato in alcuni ambienti conservatori della Chiesa, come del resto una pioggia di critiche si riverserà sia sul musical che Rice e Webber porteranno in scena dal 1971 ( la prima il 12 ottobre da Brodway) che sulla versione cinematografica girata nel 1973 da Norman Jewison con protagonisti Ted Neeley (Gesù) e Carl Anderson (Giuda).
A distanza di mezzo secolo ormai “Jesus Christ Superstar” tanto nella sua veste discografica che in quella teatrale (e cinematografica) non fa più scandalo, e non poteva essere diversamente. E’ umano, caritatevole il Cristo di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber, sceglie di stare con chi è perdente, innova l’immagine di Dio, del Padre non più severo ma comprensivo, pronto a soccorrere gli uomini piuttosto che a giudicarli, a salvare tutti i popoli e non solamente Israele.
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