22 giugno 2021

"Garibaldi" di Luciano Bianciardi

 


di Carla Rosco

Luciano Bianciardi, di qualunque cosa abbia scritto, è stato un ottimo narratore: chiaro, avvincente.

“Garibaldi” è l’ultimo libro che scrisse, pubblicato postumo nel 1972, un anno dopo la sua scomparsa non ancora cinquantenne, e dedicato ad un eroe da lui molto amato:”Qualche volta noi scherziamo con tutti i busti, le targhe, le lapidi che si trovano in ogni piazza d’Italia ... Garibaldi fu dappertutto e dappertutto portò la sua presenza e la sua parola”.

Cominciando dalla fine del libro che si legge d’un fiato, a Caprera Garibaldi scrive il suo testamento politico: ai figli e agli amici lasciava il suo amore per la Libertà e per la Verità; al suo letto di morte non dovevano avvicinarsi sacerdoti, considerati discendenti di Torquemada.

Leggendo questo prezioso testo si ha la sensazione che l’Italia si è unita quasi per miracolo, tante furono le vicende che l’attraversarono e tanti furono gli uomini necessari per combattere ma anche per decidere sul da farsi. Un carosello di situazioni intricate ed esplosive, che senza le personalità di Garibaldi, Cavour, Mazzini poteva finire in un nulla di fatto.

Quando nel 1860 il tentativo borbonico di bloccare l’avanzata dei garibaldini (battaglia del Volturno) terminò con la vittoria di Garibaldi fu chiaro, una volta per sempre, che l’eroe dei due mondi era non solo audace e geniale, ma anche capace di condurre una battaglia campale in piena regola.

Seguirono settimane di inazione e intanto il re si era messo alla testa del suo esercito per entrare nel nuovo regno. Come tutti sanno, la stretta di mano fra il re e Garibaldi avvenne nei pressi di Teano:”Non sapevano cosa dirsi. Cavalcarono per un tratto fianco a fianco, garibaldini e regolari si mischiarono, ma per breve tempo, poi tornarono a separarsi, di qua le camicie rosse, di là i cappotti turchini, come due liquidi di diversa densità, incompatibili”.

Le popolazioni del sud non accettarono “l’occupazione piemontese” e cominciarono una guerra che si preferisce chiamare “brigantaggio”. Durò quasi cinque anni stremando l’esercito italiano, le popolazioni, le campagne. Napoli, che era la più grande e una delle più belle città d’Italia, cominciava la sua decadenza.

Il “miracolo” dell’unità d’Italia era stato raggiunto con l’intrigo e con la forza.

Il testo è preceduto da un profile bio-bibliografico di Bianciardi, mentre alla fine si trova una recensione di Giancarlo De Cataldo: “Bianciardi ama Garibaldi di un amore intenso e rispettoso ... lo ama senza mezzi termini e senza compromessi, al punto da restituirne, in pagine puntualissime sotto il profilo dell’accertamento storico ... la stessa perfetta icona che generazioni di studenti avevano imparato a conoscere”.

Di Luciano Bianciardi (1922-1971) ricordiamo “La vita agra” (1962), il suo capolavoro, che ebbe una popolarità immediata e da lui inaspettata.          

 “Garibaldi”   Luciano Bianciardi    minimum fax Edizioni    pag.153  euro 14

 

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