17 dicembre 2013

"L'uso della vita" di Romano Luperini




di Luciano Luciani

Figlio di un partigiano, cresciuto a pane e Partito comunista, il giovane Marcello, in rotta con l’uno e con l’altro, si immerge con naturalezza nel movimento degli studenti della sua città, Pisa, destinata, nel breve volgere di mesi a diventare uno dei centri più significativi di quell’insorgenza giovanile diffusa in tutta Europa che, ancora oggi, si è soliti ricordare come il Sessantotto, il primo degli “anni formidabili”. Occupazioni di istituti universitari, le assemblee, gli infuocati dibattiti politici, gli scontri con la polizia, il duro confronto con le tradizionali organizzazioni della sinistra, partiti e sindacati, le polemiche con gli adulti e il loro mondo, diventano così l’“eccezionale normalità” di un giovane di poco più di vent’anni, colto – si è appena laureato – che si divide tra la ricerca di un lavoro e la partecipazione, appassionata e disinteressata nonostante dubbi e incertezze, a un vero e proprio terremoto politico e sociale, civile e generazionale. Un sommovimento totale, un vero e proprio “assalto al cielo”, che non esclude il mondo dei sentimenti: un terreno su cui il nostro protagonista, ferratissimo nel campo delle dottrine storiche, filosofiche e politiche, rivela tutte le sue debolezze e inettitudini, a partire da quella sessuale, deludendo e rimanendo deluso: quasi una prefigurazione di un più largo disinganno che si consumerà quando il movimento degli studenti passerà “dalla leggerezza e dalla felicità iniziali a strutture più pesanti e organizzate che lasciano intuire i tragici sviluppi successivi” (da una Nota dell’Autore). Non a caso il romanzo di Romano Luperini, docente di letteratura moderna e contemporanea presso l’università di Siena e, a suo tempo, militante e dirigente politico, si chiude con il primo evento tragico di quella stagione i fatti della Bussola: il 1 gennaio 1969, infatti, nel corso di una pacifica manifestazione di studenti davanti al locale notturno “La Bussola” di Viareggio, individuata come uno dei luoghi-simbolo dell’ostentazione del lusso e dello spreco, si verificano scontri tra polizia e dimostranti che si concludono con un ferito grave, il giovane pisano Soriano Ceccanti, destinato a rimanere su una sedia a rotelle per tutto il resto della sua esistenza.

Insieme al protagonista, le cui vicende sono in gran parte modellate su quelle dell’Autore, e a personaggi di finzione, frutto di una ben riuscita creazione narrativa, agiscono sulla scena del racconto figure storicamente determinate come Franco Fortini. Adriano Sofri, Massimo D’Alema, Luciano Della Mea “le cui parole e le cui azioni” scrive Luperini “possono essere spesso oggettivamente documentate”. Romanzo storico,quindi, questo L’uso della vita, misto di storia e d’invenzione, secondo la migliore lezione manzoniana che nel sottotitolo porta un numero significativo e oggi scandaloso: 1968. Un anno a cui oggi i moderati e i conservatori di tutti i tipi e colore politico sono soliti attribuire, sbrigativamente e soprattutto per autoassolversi da ogni responsabilità, l’origine di tutti i mali civili e culturali che ci affliggono attualmente. 

Questo libro, il Sessantotto, lo racconta dall’interno e ricostruisce le ragioni e le passioni, le motivazioni e le rabbie di un’intera generazione. Generosa e sconfitta, ma che, pure, ha saputo lasciare segni profondi non solo nella coscienza del proprio tempo, ma anche in quella degli anni successivi sino ai nostri giorni, un cinquantennio più tardi.

Un romanzo sincero e intenso, utile per chi c’era, per chi non c’era, per chi ha dimenticato.


Romano Luperini, L’uso della vita. 1968, TranseuropA Edizioni, pp. 138, Euro 12,90

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