20 maggio 2014

"Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi" di Jacques Lacan




di Daniele Guasco

Se ci si interroga sulla funzione del linguaggio, lo schema semiotico tradizionale si rivela insufficiente.

Lo svela Lacan:
“[…] Infatti la funzione del linguaggio non è quella di informare ma di evocare”.
(p. 152, Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi, in La Cosa Freudiana)
Bisogna insistere sul fatto che il linguaggio è un mazzo di carte prefabbricato, indifferente alla particolarità dell’individuo, ma ancor di più è necessario mettere in luce che la parola è un atto individuale, una praxis che ci mette costantemente in discussione, manifestazione del nostro desiderio metafisico. Si tratta di un desiderio di ciò che è completamente differente da noi, di ciò che ci trascende ed è inafferrabile, che scorgiamo in quel languido nulla che sono gli occhi, che troviamo nella visione epifanica del volto dell’interlocutore. Bisogna mettere in rilievo che la parola è un dono.
Questa evocazione dell’altro, quest’appello al differente, trova il suo paradigma centrale nel “grido nella notte” che tutti noi siamo stati da bambini, nel buio della nostra stanza. Un grido che chiama l’amore.

Il gioco del linguaggio si gioca su due piani: quello dell’emissione di suoni – la cui significazione è similare a quella del grido – e quello del contenuto logico e concettuale che questi suoni codificati esprimono. Di qui due possibilità di espressione: quelle che Lacan chiama Parola Piena e Parola Vuota.

La Psicoanalisi è una talking cure e conferisce all’esperienza della comunicazione la sua linfa vitale. 

Lo psicoanalista deve guidare il paziente nella comunicazione per far emergere quelle verità rimosse che si sono rese testi leggibili solo all’analista: i sintomi. Una volta emerse, devono poter essere sfruttate per un riordinamento della biblioteca che è la storia del soggetto, affinché tutto assuma un senso. In questa direzione il linguaggio assume una funzione strutturante.

Il ruolo dell’analista è precisamente quello di guidare questa (ri)strutturazione, attraverso il suo silenzio. E quando spezza il silenzio lo fa solamente per permettere al paziente di effettuare la sua cura, di attuare la sua storicizzazione attraverso l’esercizio della parola.

Questa funzione strutturante del linguaggio è possibile perché la parola non si contenta di costituirsi come evocazione: essa infatti ha significato nella risposta dell’altro. Ancora di più: il discorso dell’altro stesso è l’inconscio. L’analista quindi fornisce un significato al discorso del paziente attraverso il suo ascolto e attraverso la sua presenza, attraverso la sua guida. La grande responsabilità dell’analista secondo Lacan, quindi, non è solo quella di approvare o rifiutare il discorso del paziente, ma quella di riconoscerlo o abolirlo come soggetto.

Il soggetto ha quindi due possibilità di cui abbiamo accennato poco fa: lo scopo della comunicazione è il riconoscimento e la comunicazione stessa è un appello. Se la parola non va oltre non si carica di un significato concettuale che faccia emergere la verità intima e singolare del soggetto: è Parola Vuota. Se invece fa emergere la verità storica del paziente, è Parola Piena e dà la possibilità all’analista non solo di riconoscere l’appello ed esservi presente, ma anche di aiutare il paziente a ricostituirsi come soggetto con le proprie forze.

Quanto alla coazione a ripetere e al perpetuarsi delle vicende tragiche nella storia del soggetto, Lacan rivela la funzione simbolica dell’automatismo di ripetizione: esso infatti non mira che all’eternizzazione del desiderio attraverso il simbolo. E’ come desiderio di morte infatti, che il soggetto si afferma per gli altri. Il caso di Empedocle, considerato da Freud paradigmatico riguardo l’istinto di morte, mostra come il filosofo, gettandosi nell’Etna, lasci per sempre presente nella memoria degli uomini il suo atto simbolico.

La Psicoanalisi quindi, si occupa di dare al desiderio del soggetto la sua mediazione simbolica attraverso la quale perforare il circolo della ripetizione, il cui limite estremo è la morte.
Questa la funzione e il campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi, dove la parola non è più messaggio, ma dono ed appello.


Jacques Lacan, Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi, in La cosa freudiana e altri scritti. Psicoanalisi e linguaggio, Einaudi, Torino, 1972, pp.83-178, euro 8

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